Piera Anna Franini
È il testo più corteggiato fra le creature di Shakespeare, tradotto in musica da una miriade di musicisti. É Sogno di una notte di mezza estate, noto anzitutto per la rilettura di Mendelssohn attorno cui orbita un numero tale di versioni da creare imbarazzo a chi debba operare una cernita.
È il caso di Giuseppe Grazioli, direttore dorchestra e anima del Festival «Sogni di mezza estate», ciclo di quattro serate fiorite attorno alla commedia shakespeariana. Protagonista della rassegna, allAuditorium sui Navigli fra il 14 e il 25 luglio, è lOrchestra Verdi che oltre al Sogno di Mendelssohn farà conoscere quello di Britten, Purcell e Piazzolla. Serate nate dalla collaborazione con i cantanti della Yale School of Music di New Haven (Usa), a Milano già lo scorso anno per la rassegna estiva «Broadway a Milano».
Si parte giovedì 14 (ore 20.30) appunto con il Sogno di Britten diretto da Grazioli. «Britten ha ripreso Shakespeare senza cambiare una virgola - spiega il direttore -. Sè limitato a ridurre il numero delle battute per rendere il testo consono alle dimensioni di unopera».
Citazioni british, cè il gusto della parodia del «belcanto esaltato nelle sue qualità, ma preso in giro per alcuni tic: ad esempio il vezzo degli acuti». Grazioli ha proposto per la prima volta questa partitura mesi fa a Yale. Poi, racconta »ho voluto esplorare i diversi punti di vista e sensibilità dei compositori, di epoche e nazionalità diverse, che si sono confrontati con questo Shakespeare. É impressionante vedere la pila di partitura esistenti, la scelta sé ridotta ai testi più interessanti».
Tra essi El sueño de una noche de verano di Astor Piazzolla. «Attorno a questa partitura continua è nato un giallo. Anche agli studiosi di Piazzolla sfuggiva lesistenza di questo testo. In Francia, tramite una lunga catena di persone, riuscì ad averne la conferma dellesistenza: il manoscritto giaceva nella biblioteca della Comédie française che battezzò il testo nel 1986. Si tratta di musiche che Piazzolla scrisse appositamente ed ora per la prima volta vengono fatte conoscere a Milano». A una città «che purtroppo sembra essere sempre più succube della programmazione televisiva» sostiene Grazioli, milanese, anni di collaborazione con la Verdi e una capatina alla Scala (per Vita di Tutino).
E spiega: «Si programma tenendo conto della logica televisiva per cui il metro di scelta è quello dello share vale a dire di un ritorno immediato. Si punta su concerti che attraggano la maggior quantità di pubblico: che deve trovare un piacere immediato senza mettersi granché in gioco. La musica classica è anche occasione di fare scoperte e approfondimenti. Guardiamo a una metropoli come Londra dove in un breve periodo si sono avvicendati un Festival dedicato a Sostakovic, Stravinsky, e a autori americani».
È pur vero che in tempi di riduzione di pubblico e di budget forse diventa rischioso avventurarsi in operazioni délite... «Se andiamo avanti così finiremo per proporre solo le musiche delle suonerie dei cellulari», conclude Grazioli.
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