La Grecia ora ha fretta e accetta il diktat della Ue

La crisi greca, che pareva trasformarsi in un crac finanziario che poteva pregiudicare la credibilità di tutti i debiti pubblici dell’eurozona, salvo quello federale tedesco, si sta ridimensionando, perché gli Stati dell’eurozona aiuteranno la Grecia, sottoscrivendone i prestiti. Non sarà un salvataggio sovvenzionato, ma un intervento con condizioni serie, in modo da garantire il rimborso del debito. Le clausole sono discusse oggi in teleconferenza dai ministri finanziari europei con la partecipazione della Commissione europea. La richiesta di intervento che il governo di Papandreu si è deciso a fare, è trapelata, a livello di indiscrezione, mentre l’agenzia di valutazione Fitch degradava il debito pubblico greco a livello «B-».
Questo declassamento ha indotto il governo di Atene a non perdere più tempo nel rischiosissimo tentativo di piazzare sul mercato il proprio debito con un interesse molto alto, senza dovere sottostare ai vincoli che l’Europa e il Fondo Monetario Internazionale pongono. Il Tesoro greco non era più in grado di collocare il proprio debito neppure al 7,5 o all’8%, in quanto gli investitori istituzionali, e soprattutto le banche, si erano spaventati.
I parametri patrimoniali che la regolamentazione legale o la prassi prescrivono agli intermediari finanziari nei vari Stati delle aree dell’euro, della sterlina e del dollaro sono stati spesso violati negli anni passati, sotto il peso di insolvenze dei debitori. Ed ora essi non sono in grado di assumere rischi internazionali che possono comportare nuove perdite. Il governo greco aveva tentato, perciò, di rivolgersi alle banche e ai fondi sovrani (ossia fondi di investimento statali) dei Paesi arabi. Ma anch’essi, dopo gli investimenti andati male nella City di Londra o a Wall Street e la recente batosta subita a Dubai, non desiderano incorrere in novi azzardi. Anche le banche e i fondi sovrani cinesi si sono tirati indietro. L’altro ieri i consulenti finanziari del governo greco erano cupi. Quelli che avevano suggerito di non chiedere subito l’aiuto dell’Europa e del Fondo Monetario si erano convinti di avere sbagliato e temevano il peggio. Quelli che avevano suggerito di chieder subito questo aiuto non se la sentivano di esprimere soddisfazione per avere visto subito la cosa giusta da fare, perché il pessimismo ormai li dominava. La situazione è stata sbloccata da Sarkozy e Berlusconi, che hanno dichiarato che ritenevano giunto il momento di intervenire e hanno soggiunto che anche la Germania avrebbe acconsentito. Ciò perché il tasso di interesse non sarebbe stato di favore (cosa non ammissibile, per le regole europee), però sarebbe stato sensibilmente più basso di quello allora corrente sul mercato del 7,5%. Ciò in quanto i prestiti sarebbero stati condizionati da un impegno formale del governo di Atene d’attuare un «piano di rientro», che avrebbe ridotto il rischio. E il tasso sarebbe stato fissato con una maggiorazione rispetto a quello praticato sul mercato a breve termine interbancario dell’eurozona, cioè l’Euribor. Esso sarebbe vicino a quello che usa, in queste circostanze, il Fondo Monetario poiché le clausole che il governo di Atene dovrà accettare saranno simili a quelle che chiede l’Fmi, che aderirà all’intervento. I dettagli sono ancora in via di definizione sia per il tasso, che per le clausole, che per l’importo di debito pubblico greco che verrà sottoscritto.
I tedeschi sono abbastanza rigidi e la Grecia si deve rassegnare. La sua situazione è tale che ha poche scelte. E non si può aiutarla senza condizioni molto precise ed esigenti, perché ciò minerebbe la fiducia nell’euro creando un pessimo precedente. La solidarietà che ora si esplica non può diventare assistenzialismo. Mi diceva ieri un economista greco, consulente del governo, che i giovani greci negli ultimi dieci anni si erano abituati a chiedere ogni cosa allo Stato e alla famiglia, come se tutto fosse a loro dovuto. Ciò, egli diceva, non era possibile ed ora i giovani che verranno nel prossimo decennio dovranno abituarsi a una vita molto diversa. E ciò non riguarda solo i giovani, riguarda tutti. E saranno chiamati a pagare il conto, con gli interessi: anche quelli che non hanno avuto «i pasti gratis».

La lezione greca si sintetizza in due semplici constatazioni: l’Europa c’è; ma non bisogna illudersi che sia l’albero della cuccagna, come avevano divulgato Prodi e molti leader della sinistra, con molta superficialità, quando nel 1997 si erano vantati di avere fatto entrare l’Italia nell’Europa di Maastricht.

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