La Guarnieri rifà la Duse: «Ma il grande attore non esiste più»

Tentazione irresistibile. Una grande d’oggi che ridà vita ad una grande di ieri. E allora: come evitare d’accostare Annamaria Guarnieri ad Eleonora Duse? «Accostamento improponibile. Se non altro per motivi biografici. Io la Duse non l’ho mai vista recitare». Come nessuno di noi; e proprio qui sta la fascinosa sfida di Ultima notte a Pittsburgh, il testo di Ghigo De Chiara che (con la regia di Maurizio Scaparro, il 2 luglio al Festival di Spoleto) oserà la più inconcepibile delle evocazioni: far tornare in scena lei, la somma, la divina, l’inimitabile. «E meno male che oggi nessuno sa che tipo d’attrice fosse, la Duse - ride Annamaria Guarnieri, cui spetterà incarnare il mito -; altrimenti chi si sarebbe imbarcato in quest’avventura?». Si: di lei ci restano le cronache, le foto, perfino un film (muto) del 1916, Cenere. «Ma la verità è che il teatro è scritto sull’acqua. Un limite che è anche un vantaggio. E che ci permette di evocare ciò che in realtà non conosciamo».
La disordinata suite di un grande albergo a Pittsburgh, Pennsylvania; oggetti sparsi ovunque, bauli semivuoti, libri, abiti, «un fornellino su cui la Divina cucina da sola, la bombola a ossigeno che la tiene in vita, e perfino un busto di Beethoven». E sola, in mezzo ai cimeli di un’esistenza come ai relitti d’un naufragio, «una donna prossima alla morte, che in preda al delirio, attraverso le sue lettere o le battute dei suoi personaggi - da Romeo e Giulietta, Casa di bambola, La città morta - rivive amori, trionfi, tragedie». La Guarnieri ha studiato gli autografi della Divina («Aveva una grafia nervosa, da donna moderna, quasi nevrotica»), ripercorso le sue titolate liason con uomini più importanti che piacenti («Amava gli uomini belli; con Boito o D’Annunzio ebbe soprattutto degli «incontri dello spirito») e dell’Inafferrabile s’è fatta un’idea molto concreta: «In fondo era soprattutto una donna infelice. Malinconica fino alla tetraggine. E decisamente anticonvenzionale». Una cosa che personaggio e interprete hanno in comune? «Beh, anch’io, fin dagli inizi, ho cercato di evitare la banalità. Già a 19 anni venni espulsa per indisciplina dall’Accademia d’Arte Drammatica». E la grandezza dell’attrice? «Oh: ormai il grande attore è passato di moda. Oggi bisogna essere semplicemente bravi». Come lei, che lanciata da una memorabile Anna Frank, popolarissima per gli sceneggiati tv di Anton Giulio Majano, e prediletta da registi come De Lullo, Zeffirelli, Ronconi e Castri, brava lo è da sempre.

«E oggi mi confronto con la più brava di tutte. Se la cosa mi spaventa? Si: perchè oggi, in teatro, i miti non esistono più. Sono passati al cinema, al rock, alla tv... Il teatro fa cose più serie. E, forse, con persone più brave».

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