Gaia Cesare
Tutto è cominciato su un bus affollato. Lo sguardo di un passeggero invadente si è spinto fino alla scollatura. Era l'ennesima volta. Ma quel giorno Jasmeen, fotografa, si è ricordata di avere in borsa la sua preziosa macchinetta digitale. L'ha sfoderata come unarma e ha fatto clic. Cogliendo in flagrante il curioso molestatore. «Ho come avuto la sensazione - dice lei - che in quel momento il potere si fosse improvvisamente spostato da lui, uomo, a me, donna».
Ora i clic si sono moltiplicati, perché Jasmeen Patheja, indiana di 26 anni, ha deciso di fare della sua strategia il centro di una campagna nazionale contro gli sguardi molesti (e non solo quelli) del sesso opposto, unabitudine tanto diffusa quanto tollerata nel variegato universo indiano. Ha chiesto alle sue amiche di munirsi di una macchinetta fotografica e immortalare tutti quegli uomini, giovani e meno giovani, che eccedono in ammiccamenti, sussurrano frasi oscene alle fanciulle per strada o si strusciano sugli autobus delle affollate città indiane.
È cominciato come un esperimento provocatorio e divertente, ma ha assunto ormai i contorni di una battaglia civile per difendere le donne da questi sguardi invadenti e apprezzamenti pesanti. Le loro voci, che ora hanno preso il sopravvento sulle immagini, Jasmeen le ha raccolte su un sito che sta facendo migliaia di contatti in tutta l'India (blanknoiseproject.blogpost.com) e che ha già destato qualche curiosità anche in Europa. Cercando di puntare su un aspetto: simili atteggiamenti, quelli che gli americani definirebbero «sexual harassment», sono spesso tollerati anche da tante ragazze rassegnate. Sì, perché come la giovane fotografa spiega su Internet, troppe ragazze cedono a questa logica del maschio invadente e invece che contrastarle in molte finiscono perfino per rinunciare a vestirsi come vogliono. «È successo a me - dice Jasmeen - quando mi sono trasferita da Calcutta a Bangalore. Avevo smesso di mettere le minigonne e di andare in certi posti. In tanti mi dicevano che era normale. Per me non lo è. Non in questi termini». Così la signorina Patheja non si è limitata solo alla gogna fotografica nei confronti dei molestatori. Sta raccogliendo centinaia di indumenti, gli abiti indossati da altrettante ragazze in occasione di una molestia subita. Per dimostrare che, qualunque cosa si indossi, non serve a salvarti dallattacco. Di quegli abiti farà una mostra, nel tentativo di invertire la rotta e sradicare quella atavica mentalità che tollera e giustifica luomo che allunga lo sguardo (e a volte anche le mani). Intanto, da Bangalore a Hyderabad, da Delhi a Mumbai, centinaia di ragazze hanno aderito al progetto e sono a caccia di nuovi proseliti. Indossano maglie con una scritta in bella vista. «Are you looking at me?», recita provocatoriamente: mi stai guardando? Chissà se quelle poche parole riusciranno a scoraggiare qualche malintenzionato, tuttavia potrebbero incutere nuovo coraggio a tante donne. E non solo a loro. Perché Jasmeen ci tiene a precisare che - seppure la sua battaglia riguarda soprattutto il gentil sesso - ci sono anche tanti maschi, specie giovani senzatetto, a destare le attenzioni morbose di qualche persona senza scrupoli.
La battaglia, divertente e provocatoria, di questa giovane indiana, non trascura infatti un tema caldo, quello delle violenze sessuali.
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