Guerra in Libia, umanitaria e alla lavanda

Caro Granzotto, dal primo attacco dei «volenterosi» alla Libia sono trascorsi, oggi 5 aprile, diciotto giorni. Gheddafi è ancora in sella e i ribelli non pare facciano grandi progressi. Una situazione di stallo della quale continuiamo a non capire e non sapere niente. Domanda: la protezione dei civili, scopo della missione Nato o Onu, anche questo non s’è capito, in che cosa si è estrinsecata?
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Ma sì, caro Bellucci, parliamo un po’ di questa guerra. Siccome ci volevo capire anch’io qualcosa di più (di più del niente che ne traspare) mi son messo a spulciare qua e là ottenendo questo risultato: il grosso, diciamo l’80 per cento delle operazioni, è a carico (ma sembra che Obama stia per tirare i remi in barca) dell’America. La quale ha messo in campo, cioè in cielo, per l’«Odyssey Dawn», tre bombardieri «invisibili» B-2 stealth, due B-18 Lancer, dieci F-15 Strike, otto F-16 Fighting Falcon e tutta una serie di aerei radar, elicotteri e intercettatori. Bene, il B-2 dispone di un carico bellico costituito da 80 bombe da 230 chili, 16 da 900 chili e 30 «cluster», cioè a frammentazione, da 340 chili. Conta inoltre su un ventaglio di missili «bunker busting» da 2mila e 300 chili o di «Jdam», bombe guidate da 900 chili. L’altro bombardiere si porta appresso 24 bombe da 900 chili, 66 da 300 chili e 84 Mk82, la reginetta delle bombe a caduta: 240 chili dei quali 90 di «tritonal», esplosivo a alto potenziale. Potrei fornirle i dettagli degli altri aerei, ma un’idea se l’è fatta e non voglio annoiarla. Sappia però che dal 19 marzo hanno portato a termine 455 missioni di bombardamento (e un altro centinaio i cacciabombardieri francesi e inglesi). E non è finita: ci sono i missili da crociera. Ci sono i Tomahawak col loro carico di 460 chilogrammi di esplosivo. Di questi, il primo giorno della «Odyssey Dawn» ne sono stati lanciati, su Tripoli e dintorni, 112. In totale e fino a oggi, 218, più i sei lanciati da francesi e inglesi. Quel che si dice un inferno di fuoco.
A questo punto, e se trova il tempo, caro Bellucci, può fare un calcolo approssimativo di quante bombe con relativo esplosivo sono piovute sulla Libia gheddafista in poco più di due settimane. E tutto per «proteggere e aiutare la popolazione civile», come disposto dalla risoluzione numero 1973 dell’Onu. Sarebbe proprio il caso di dire che dagli amici mi guardi Iddio che ai nemici ci penso io, ma non lo diciamo perché quella di Libia è una guerra, pardon, un intervento ad altissimo tenore umanitario, apprezzato anche dai più coriacei dei pacifisti. È un’azione sì militare, ma «cinetica», in movimento e dunque al profumo di lavanda, come ha voluto precisare, lavanda a parte, colui che più ci ha dato dentro: il Premio Nobel per la Pace Barack Obama. Loro - Obama, Sarkozy, Cameron - vogliono e di conseguenza noi dobbiamo fare i fessi? Pronti, eccoci qua. Facciamo i fessi e seguitiamo a credere alla missione umanitaria a capo della quale sta una madre Teresa di Calcutta.

Ma un dubbio, quello ce lo dovrebbero chiarire: spianare la strada ai ribelli con una serie di bombardamenti a tappeto delle postazioni lealiste, come è accaduto a Brega a Ajdabya o altrove, va sempre considerata una azione umanitaria, condotta col coeur in man? Se sì, a vantaggio di chi, di quali «civili»? La guerra continua.
Paolo Granzotto

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