nostro inviato a Budapest
Cera un bambino di colore col papà inserviente che si dannava e lavorava in un ospedale londinese pur di procurarsi i soldi per far correre il piccolo. Questo bambino aveva la passione dei motori, dei go kart e, diavolo, se ci sapeva fare questo bambino. Un giorno, a 12 anni, il piccolo, dopo aver trionfato in una gara amatoriale, ebbe loccasione di conoscere Ron Dennis, il gran capo della McLaren. «Se vincerai e ti comporterai bene e continuerai a studiare, allora ripassa, perché io ti terrò docchio e, se te lo sarai meritato, ti offrirò di lavorare e correre per noi». Sia il bambino che Dennis mantennero la promessa. Quel giorno, Lewis Hamilton, il bambino, emozionato e commosso disse: «Grazie Signor Dennis». Laltro ieri, Lewis, lex bambino, dieci anni esatti dopo quellincontro, ha detto «ma che c... fai Ron Dennis?».
Meglio, dunque, sgombrare la testa dai troppi bene, bravo, bis allindirizzo del giovane. Perché bravo, anzi bravissimo lo è: in pista, però. Fuori sta seminando zizzania nel suo team. Non volutamente: per indole, carattere. Dietro il sorriso onnipresente, dietro i modi gentili, si nasconde un talento prodigioso che non sopporta proprio che qualcuno gli faccia ombra. Di lui, Nico Rosberg, che ne fu compagno di stanza ai tempi della Gp2, disse e tutti pensarono fosse solo una battuta che «Lewis fa a gara anche quando mangia una pizza...». Ed è vero.
Dal tormentato week end ungherese, infatti, la McLaren-Mercedes, patron Ron Dennis, e lintero ambiente se ne torna a casa con questa nuova certezza: non appena qualcosa va contro Lewis, lui punta i piedi e non bada alle ripercussioni di ogni suo gesto. Era stato così a Monaco, quando vinse Alonso dopo una sosta anticipata al box del giovane inglese. Finita la corsa, Lewis era già lì a raccontare, in tutte le lingue, la sua rabbia per il sopruso subito. Sempre sorridendo, ci mancherebbe. E la Fia, il giorno dopo aprì una veloce inchiesta poi archiviata per presunti ordini di scuderia a scapito del ragazzo. Stessa cosa è successa qui sabato, con la differenza grande che Alonso, dopo i capricci del ragazzino, è stato retrocesso e il team punito. Parentesi: sabato, non sarà stato bello vedere Alonso fermo con Hamilton in coda al box, ma il team cercava di ristabilire la sequenza vantaggiosa per lo spagnolo, visto che allultimo Gp la stessa sequenza di pit stop era stata a disposizione di Hamilton.
E tante grazie, dunque, allormai dimenticata gratitudine nei confronti di patron Dennis: la Fia ha penalizzato vistosamente anche il team. Ieri, infatti, al manager inglese è stato addirittura impedito di salire sul podio per ritirare la coppa costruttori e tutti i quindici punti conquistati sono stati cancellati. À coté dellintera vicenda come raccontato ieri Hamilton via radio, una volta sentitosi derubato, ha urlato: «Dennis, ma che c... mi stai facendo?». E giustamente Dennis, 60 anni, uno degli otto uomini più ricchi del Regno Unito, ha ribattuto: «Guardatene bene dal parlami in quel c... di modo». Questo sabato. Dopo la corsa, lingrato vincitore dirà: «Raikkonen? Mi si è avvicinato in corsa solo perché avevo dei problemi di sterzo, altrimenti... Comunque lavevo studiato in precedenza e sapevo come controllarlo». E sul pasticcio nel team: «Certo, partire dalla pole ha reso tutto più facile». Quindi, a stento, ammette di aver fatto un errore a combinare tutto questo casino: «È vero, non ho rispettato le indicazioni del team. Per cui, se ho sbagliato, chiedo scusa a tutti... Capisco che ho privato il team di punti importanti». E avanti così: «Alonso dice che non mi rispetterà più, che non mi parlerà più? Io invece lo rispetto, chi come me vuole crescere deve rispettare un due volte campione del mondo. Se non mi vuole più parlare mi dispiace, io sono pronto, certo non andrò a cercarlo...
Benny Casadei Lucchi