I 90 anni di Pete Seeger, nonno folk che abiurò il comunismo

È l’ultimo vero folksinger, l’ultimo vagabondo (ai tempi si chiamavano «hobo») da libro di Steinbeck, quelli che prendono i treni merci al volo e consumano le scarpe caracollando da uno stato all’altro in cerca di lavoro. Ma Pete Seeger ha una carta in più; suona con impeto il banjo e la chitarra e racconta storie. E che storie! Storie scomode, canzoni di protesta, ballate sulla natura, sui personaggi leggendari (dai banditi - Robin Hood come Pretty Boy Floyd a Jesse James), storie d’amore on the road, calembour. Canta la vita insomma con le sue (tante) brutture ma anche i suoi lati positivi. Tutto vissuto sulla sua pelle. Seeger è la storia popolare americana, e lo è ancor di più oggi che compie novant’anni.
Sarà un anno di celebrazioni e il primo atto - almeno per noi in Italia - è l’uscita del cofanetto American Favourite Ballads, cinque dischi che riassumono il suo profondo respiro lirico e la sua cultura folkie. Lui però non riposa sugli allori; continua a suonare ovunque e l’anno scorso ha pubblicato il bellissimo cd dal vivo At 89. Secco e magrissimo come un tempo, vispo e combattivo, continua a lottare contro le ingiustizie senza guardare in faccia nessuno. Era comunista ma - quando furono svelati i crimini del regime sovietico - lasciò il partito e scrisse una durissima ballata contro Stalin (a noi disse: «Non sono più comunista, odio i loro metodi, ma continuerò a stare dalla parte dei deboli»); fu l’idolo dei giovani contestatori degli anni Sessanta, ma a lui non piacquero molto né l’utopia degli hippy né il radicalismo delle rivolte studentesche. Naturalmente ha sempre combattuto contro il potere e la guerra - la sua Waist Deep In the Big Muddy, citata da mille rocker - è uno dei primi inni contro la guerra in Vietnam. E poi ha lottato sempre per i diritti umani (cucendo due antichi spiritual ha inventato l’arcifamoso inno pacifista We Shall Overcome). Compagno di strada di Woody Guthrie, animatore dei Weavers (uno dei gruppi folk di maggior successo di tutti i tempi) Seeger non ha mai guardato alla fama e ai soldi. Ricorda con nostalgia i tempi in cui suonava gratuitamente nella Washington square del Greenwich Village, per poi entrare col piattino delle offerte nei bar (o «coffee house»). Per lui non erano importanti i quattrini, ma l’appropriazione del pubblico e soprattutto dei folksinger come lui. E da lui tutti hanno imparato qualcosa. Ricordate Bruce Springsteen, che ha spopolato col disco e la tournée dedicati al vecchio Pete (le cosiddette Seeger Sessions)? Lui e Woody Guthrie sono le grandi querce del moderno folk americano. Guthrie se n’è andato nel 1967 distrutto dalla Corea di Huntington; Seeger è ancora tra noi, attivista d’altri tempi ma sempre un passo più avanti degli altri.

Basti ascoltare l’attualità di questi cinque cd - prevalentemente per voce e banjo - con l’immediata bellezza di antiche fiabe come Froggie Went-a-courtin’, mordaci canti marinari come What Shall We do With a Drunken Sailor, canti entrati di diritto nella storia come If I Had a Hammer poi massacrata da Rita Pavone, ma questa è un’altra storia.

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