«Quegli adolescenti arrestati, che vanno incontro al penale minorile dopo un atto di violenza in classe ai danni di una ragazzina, sono stati fortunati. Potranno essere recuperati anche se la strada è lunga e difficile. Stanno peggio i ragazzini che commettono atti di bullismo senza che se ne accorga nessuno. Loro sono segnati per la vita, perché non possono essere aiutati a capire i propri errori».
Dunque, Gustavo Pietropolli Charmet, lei, grande esperto del disagio giovanile, rimpiange il carcere anche per il terzo responsabile della violenza sessuale di gruppo che ha solo tredici anni?
«No, attenzione: non è stato arrestato perché la legge sancisce che gli infraquattordicenni non possono essere reclusi. Ma anche lui rischia grosso».
È stato solo segnalato ai servizi sociali.
«E da qui partirà unindagine sulla famiglia e sulla sua condizione sociale. Poi il tribunale dei minori dovrà decidere che provvedimenti adottare».
In genere cosa succede?
«Se si capisce che il suo retroterra giustifica la condotta antisociale, il ragazzino può essere anche spedito in una comunità. In ogni caso, verrà inserito in un rigoroso circuito educativo».
Ma lei cosha pensato quando ha letto questa storiaccia?
«Non mi ha sorpreso più di tanto. Oramai la scuola ha perso il significato etico e istituzionale che era noto alle generazioni precedenti».
Sì ma da qui a una violenza di gruppo ce ne passa.
«Le cose sono collegate. Questi ragazzi vanno a scuola senza nessuna paura né dei castighi né delle bocciature. E lassenza di paura si accompagna alla mancanza totale di sentimenti di colpa».
Daccordo la scuola ha perso autorevolezza. Ma non autorizza la violenza.
«Nella scuola non cè più selezione. Entra lo scherzo, il suicidio, la violenza, non cè più lo sbarramento delletica dellistituzione».
Lei descrive un porto di mare e non una classe.
«Se entra in una scuola professionale cè gente che entra ed esce nelle aule durante le ore di lezione. Nessuno saluta, è un contesto che facilita unesuberanza rischiosa».
Ma il caso di violenza è accaduto in una media.
«Che è lanello debole della scuola italiana. I ragazzini portano in classe di tutto: lamicizia, la coppia, il bacio, lamore, la violenza, il bullismo, loscenità, lincendio dei registri, lallagamento e tutto il resto. Anche i più piccoli non hanno paura dei castighi o delle note».
E il ruolo o le colpe dei prof?
«Ovviamente questo andazzo crea grandi problemi ai docenti: non fanno paura agli studenti e non possono puntare a sentimenti di colpa. Ogni mattina devono reinventare un patto educativo».
Però cè stata violenza sotto il naso del professore.
«Quel poveretto avrebbe dovuto sorvegliare. Ma i docenti sono messi in condizioni difficili. Alle medie, una parte minoritaria degli studenti fa lezione, il resto gioca, ascolta musica, è un picnic collettivo istituzionale».
In questo caso si è andati ben oltre un picnic.
«Ma in questo contesto è possibile che lerotizzazione possa spingersi a gesti di sottomissione sia tra maschi sia tra maschi e femmine. Insomma, è la dilatazione mostruosa della profanazione dello spazio-scuola che non è più vissuto come spazio etico».
Che fare allora?
«Andiamo in aiuto alla scuola che deve recuperare autorevolezza. E va ristabilita lalleanza tra scuola e famiglia, solidali nel castigare lalunno, se necessario. Gli studenti dovrebbero andare a scuola spaventati, così come succedeva in passato».
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