Walter Winchell è stato il fondatore e, a lungo, il despota del giornalismo gossipparo americano. Ha inventato uno stile, un giornalismo popular che picchiava duro e che non risparmiava colpi bassi. Ma esiste o è esistito un Walter Winchell italiano? Qualcuno in grado di far tremare le vene e i polsi ai potenti solleticando il lettore a colpi di scandali?
Un precursore italiano di quel tipo di giornalismo si potrebbe vedere nel chiacchierato Mino Pecorelli, lo scrittore e giornalista assassinato il 20 marzo 1979. Lagenzia di stampa «Op» da lui fondata, e che poi divenne anche una rivista, era specializzata nello scandalo politico, nello scoop fatto pescando nel torbido. Pecorelli però aveva solo le caratteristiche del Winchell maccartista, del cacciatore di misteri e del teorizzatore di complotti. Il versante glamour dello «strillone dAmerica», che incollava milioni di persone alla radio, nel Bel Paese è stato incarnato meglio da Gianfranco Funari che si autodefinì «il giornalista più famoso dItalia». Molto simili anche i percorsi: Funari (che era stato rappresentante e croupier) iniziò facendo monologhi sul palco del Derby di Milano. Poi dagli anni 80, a partire da Torti in faccia il presentatore giornalista ha incarnato il ruolo di tribuno della plebe televisivo trasformandosi in unicona di un certo tipo di giornalismo dintrattenimento, non proprio sussurrato: «Dovè la casalinga, quella di cui io parlavo, quella che mi faceva il sugo e i tagliolini? Dovè sto mio pubblico?»).
Guardando alloggi nessuno in Italia è più assimilabile a Walter Winchell, almeno per il lato gossip, di Roberto DAgostino. Il suo sito Dagospia.com è il più cliccato dai giornalisti, la sua caccia al famoso e cafone è spietata, tanto che ha reso il neologismo «cafonal» di uso comune.
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