I commercialisti dichiarano guerra a Visco

Il presidente Tamborrino: «Non siamo schiavi e i cittadini non sono sudditi Così è impossibile lavorare»

I commercialisti dichiarano guerra a Visco

da Milano

I commercialisti dichiarano guerra a Visco: «Scadenze impossibili, tavoli di concertazione inconcludenti, provvedimenti inutili: ora basta. Il contribuente non è un suddito e noi non siamo schiavi del fisco». Antonio Tamborrino è il presidente del consiglio nazionale dei dottori commercialisti, che ha pubblicato una lettera aperta di protesta su alcuni quotidiani, come hanno fatto anche i «cugini» ragionieri. Sembrano lontanissime le promesse di collaborazione annunciate dallo stesso viceministro dell’Economia al congresso unitario delle categorie professionali.
Che fine ha fatto il tavolo di concertazione permanente annunciato allora?
«È stata una presa in giro, quindi i nostri rappresentanti non vi parteciperanno più. Doveva servire ai professionisti per seguire da vicino e condividere le attività del governo in materia fiscale; ma ci siamo accorti invece che era solo una copertura per iniziative già decise, a cominciare dall’anticipazione delle scadenze fiscali, che ci hanno aggravati con una serie di incombenze interminabili».
Qualche esempio?
«Le modifiche agli studi di settore, il controllo sulle società di comodo, il ripristino degli elenchi di clienti e fornitori, tanto per dirne qualcuno: calcoli su calcoli, scartoffie da riempire con spreco di tempo e di lavoro, anche perché occorre star dietro ai continui provvedimenti correttivi di quelli emanati in precedenza. Un caos, per noi e per i contribuenti: siamo al fianco dello Stato per combattere l’evasione fiscale, certamente, ma non sono questi gli strumenti adatti».
Ma l’anticipo delle scadenze fiscali non dovrebbe servire per uniformarci all’Europa?
«Sì, questa è la motivazione che è stata data, ma non regge. Negli altri Paesi europei c’è una semplificazione in materia fiscale che non ha niente a che vedere con quanto avviene da noi. Ed è inutile risponderci “assumete altro personale”, come ha fatto il sottosegretario Grandi di fronte alle nostre perplessità: bisogna piuttosto rispettare lo Statuto del contribuente».
Appunto, i contribuenti: che cosa pensano della vostra protesta?
«Sono assolutamente d’accordo, anche perché loro sono i primi a scontrarsi con le difficoltà, che poi riversano nei nostri uffici. I telefoni e i fax dei nostri uffici non smettono un momento di squillare, e sono tutte chiamate di sostegno alla nostra iniziativa».
E Visco vi ha chiamato?
«Finora no. Comunque, noi ci aspettiamo che prevalga il buonsenso, e i provvedimenti inutili vengano rivisitati.

Altrimenti, ci asterremo dalla collaborazione».
Uno sciopero fiscale, quindi?
«Noi siamo un Ordine professionale, non un sindacato: non tocca a noi proclamare scioperi. Un fatto è certo: tour de force per correr dietro ai diktat del fisco non ne faremo più».

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