Gianni Pennacchi
da Roma
Un fulmine a ciel sereno, una sortita maldestra e poco ponderata? In un primo momento è parso così, e lo sguardo imbarazzato di Gavino Angius che gli sedeva al fianco, come le reazioni del centrosinistra, ne davano la controprova. Ma la realtà è unaltra, perché semplicemente il capogruppo dei senatori Ds e gli altri non erano a conoscenza di quanto avrebbe dichiarato il leader dellUnione. Il quale, del resto, non ha aggiunto né tolto una virgola alle quattro paginette con le quali sè presentato a Palazzo Madama. Lobiettivo di mettere allangolo il Quirinale, «stanare» Carlo Azeglio Ciampi lasciando intendere che ha vuoti di memoria o scheletri nellarmadio se controfirma la legge elettorale, era dunque meditata e soppesata, calcolata. Un calcolo esagerato, dunque controproducente? Nemmeno questo è vero. Anzi, Prodi e i suoi consiglieri cercavano proprio un tal risultato, consci che il Quirinale avrebbe trasudato quanto meno «irritazione». Perché convinti del cambio di vento, e che Ciampi non avrebbe più rinviato la nuova legge alle Camere. Dunque occorreva una «spallata», lavviso pubblico che su questa partita Ciampi si gioca il favore del centrosinistra.
A paventare fortemente il rinvio alle Camere era il centrodestra, sino ad una settimana fa. Tantè che era prevalsa la «linea Casini», quella cioè di approvare il ritorno al proporzionale così come uscito da Montecitorio, senza nemmeno una correzione pur giudicata utile, in modo che se il Quirinale si fosse messo dintralcio la legge elettorale tornava indietro al più tardi a metà gennaio, in tempo utile perché si potesse approvarla per la seconda volta obbligando il capo dello Stato alla controfirma. «Vuoi che ce la rimandi indietro per le quote rosa? Sarebbe ridicolo», aveva spronato il presidente della Camera. LUnione intanto si cullava nella certezza di un intervento dallalto, ricevendo dal Colle segnali rassicuranti. Ricordate? In quei giorni la sinistra ventilava un nuovo settennato di Ciampi. Qualcosa però è cambiato, allorché Gianfranco Fini ha fatto suo il bis per Ciampi. Poi sè esposto anche Gaetano Gifuni, il potente segretario generale, che più o meno ha fatto osservare: scusate, ma se rimandiamo indietro la legge, che figura ci faccio io, dopo che il più delle modifiche che avevo suggerito sono state accolte? Comè come non è, da una settimana almeno i segnali tranquillizzanti serano interrotti.
Chi se nè accorto, proponendo il contrattacco? Di alcuni, i più influenti, Prodi ha fatto ieri una citazione che non sembra casuale o involontaria: Franco Bassanini, costituzionalista che si fa sentire anche sul Colle; Andrea Manzella, storico consigliere di Ciampi ora un poco emarginato; e Natale DAmico, che ha radici in Bankitalia come Dini e come Ciampi. Mentore e sodale di Prodi è poi Ricky Levi, nipote del celebre Arrigo, ora consigliere per le relazioni esterne del Quirinale. Bassanini, Manzella e Levi il giovane hanno consigliato e approvato lintervento tenuto ieri da Prodi.
Se il calcolo si rivelerà sballato? Non per Prodi, che incasserà in ogni caso.
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