Claudia Passa
In pieno revival del «grande centro», s’affaccia nella Roma veltroniana il fantasma della rediviva partitocrazia. Ha la forma di una proposta di delibera, anzi due, che i Democratici di sinistra hanno iniziato a presentare in tutti i municipi di Roma per cambiare le regole in vista della tornata elettorale del 2006. L’idea l’aveva lanciata il senatore Esterino Montino, leader della Federazione romana della Quercia. Ma poi non se n’era fatto più nulla, «complici» le ferie estive e, chissà, fors’anche il muro di protesta della Cdl.
Il principio che le proposte di delibera di iniziativa municipale (tutte identiche) mirano a introdurre nello statuto del Comune di Roma è quello della «lista bloccata» per l’elezione dei diciannove parlamentini. Ergo la cancellazione del voto di preferenza, e l’assegnazione dei seggi secondo l’ordine definito a monte prima delle elezioni. Per esempio: se la lista «x» collegata al presidente «y» ha diritto a quattro seggi, in consiglio entreranno i quattro candidati il cui nome è scritto per primo nella lista stessa. Gli elettori, dunque, non potranno più scrivere nel segreto dell’urna il nome della persona cui delegano la propria rappresentanza.
«L’elezione dei presidenti e dei consigli di municipio - si legge nella delibera, che in I municipio è già stata protocollata - avviene (...) con liste concorrenti e senza manifestazione di voto di preferenza, con collegamento obbligatorio fra il candidato presidente e liste o gruppi di liste, e previo svolgimento di elezioni primarie con la partecipazione dei cittadini per l’indicazione della candidatura a presidente di municipio e per la formazione delle liste». Le primarie sono il «placebo» per dare una parvenza di democraticità al tutto, perché non si possa dire che la composizione dei consigli verrà di fatto pianificata a tavolino nelle segreterie dei partiti. Ma gli interrogativi sono molti: quanto costa estendere il sistema delle primarie anche al livello territoriale? Chi e come potrebbe controllarne lo svolgimento (cosa che infatti del delibera non specifica rimandando a successivi regolamenti)? E soprattutto, alle primarie di quale partito dovrebbe partecipare un cittadino che non avesse ancora deciso da che parte votare e che non fosse iscritto né simpatizzante per nessuna formazione politica?
La «rivoluzione» del sistema elettorale vagheggiata dalla Quercia è abbinata con un’altra delibera, quella sul decentramento. «Per conferire più poteri ai municipi - spiega infatti il capogruppo Ds in I municipio Aldo Fusacchia - bisogna rendere i consigli municipali più forti e stabili». Sarà. La proposta sul decentramento prevede un trasferimento di poteri e risorse e, già che c’erano, i Ds hanno pensato bene di chiedere anche «incentivi retributivi per il personale addetto agli uffici per le relazioni con il pubblico e a tutti gli altri servizi che comportano immediato e diretto contatto con la cittadinanza», nonché «forme di incentivazione per i dipendenti e di perequazione tra dirigenti che accettino di essere destinati ai municipi e quelli che prestano servizio nei dipartimenti».
Su quale sarà l’iter delle proposte di delibera ancora non v’è certezza, poiché le macchine istituzionali devono ancora scaldare i motori dopo le ferie d’agosto. In ogni caso, dalle file dell’opposizione annunciano battaglia. «Veltroni e i Ds - sbottano i capigruppo in I municipio Federico Mollicone (An) e Yuri Trombetti (Fi) - vogliono abolire la democrazia diretta per delibera, trasformando tutti gli elettori in iscritti o simpatizzanti, le uniche categorie di solito coinvolte nelle primarie. È una proposta politicamente irricevibile, che svela l’assalto al sistema maggioritario nascosto dietro la foglia di fico del decentramento». Marco Marsilio, consigliere comunale di An, incalza: «Questa proposta era trapelata in Campidoglio dai Ds, che poi se l’erano rimangiata per il dissenso dell’opposizione.
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