I dubbi su Marcello Boniperti il migliore Capello il vero erede

APOLITICO Il ct ha fatto la cronaca più che la storia del club e non ha equilibrio politico

Non so a chi sia venuta l’idea. Prima o poi si conosceranno il nome e il cognome del creativo di Torino. Marcello Lippi presidente della Juventus sembra fantacalcio ma, stando alle fonti di informazione, dovrebbe trattarsi di roba seria e verosimile. Non so quali siano le credenziali da dirigente che il tecnico campione del mondo possa esibire per gestire un club e non uno spogliatoio, per trattare, dialogando politicamente e non aspramente, facendo politica, disegnando strategie, e non tattiche, con i colleghi presidenti. Può darsi che abbia accumulato tali doti e tali virtù in questi ultimi anni, anche se certe sue reazioni e comportamenti, con la stampa e con i tifosi, senza tralasciare i rapporti con alcuni dirigenti federali, non sembrano confermare la tendenza alla diplomazia e al fair play.
Giampiero Boniperti diventò presidente dopo un veloce cursus honorum e avendo come «mezze ali» Gianni e Umberto Agnelli. La sua furia dialettica, a volte screanzata, era aderente a un periodo in cui la Juventus faceva da padrona su tutto e con tutti, comunque Boniperti ha fatto la storia bianconera, da calciatore prima («insieme con Parola è stato il più grande, non dico Platini che già gode di successo…» disse l’Avvocato a domanda specifica di Giovanni Minoli) e da massimo dirigente dopo, con grandi intuizioni di mercato a parte l’autogol su Maradona «glielo suggerii nel 1979, mi rispose che se fosse stato davvero grande lui l’avrebbe già saputo», disse Agnelli deridendo la competenza bonipertiana. Gli venne tolto l’incarico, improvvisamente e con modo feroce, per affidare il ruolo esecutivo a Luca Cordero di Montezemolo (con Vittorio Chiusano presidente). Lo stesso Montezemolo venne sollevato dal mandato, dopo un anno fallimentare e fokloristico, con questo commento di Agnelli «vedremo che cosa vorrà fare da grande».
La nuova Juventus dei «senza Agnelli» si è messa nelle mani di un manager francese con scarsissima conoscenza di cose calcistiche, Blanc. Costui ha eliminato, strada facendo, alcune personalità che con lo sport avevano e hanno a che fare, da Cobolli Gigli, a Tardelli, a Montali; adesso, con il mare in tempesta, ha recuperato Bettega, ha accettato che riapparisse Andrea Agnelli e spera di delegare a Lippi la carica presidenziale, occupandosi esclusivamente di ciò che meglio conosce: dicesi «progetto».
Fabio Capello, con la Juventus, da calciatore e da allenatore, ha segnato un’epoca importante, sarebbe stata la scelta ideale, tenuto conto del carattere e della perizia, per ricompattare un ambiente lacerato da calciopoli e dalla lotta intestina. Ma lo stesso Capello si era chiamato fuori proprio allo scoppio dello scandalo, perdendo l’occasione di dare una svolta alla propria carriera.

Marcello Lippi ha fatto la cronaca più che la storia della Juventus, nulla negando ai suoi meriti di allenatore nel periodo della nascita del grande ciclo; conosce l’ambiente, sa di football come pochi, ma non ha le caratteristiche di un dirigente, di un uomo di equilibrio politico, capace di affrontare le difficoltà con la freddezza e il cinismo necessari e soprattutto non potrebbe disporre degli stessi paracadute che furono per lui importanti nei momenti difficili a Torino. Ma l’ambizione del viareggino non conosce limiti, così come l’improvvisazione (o l’astuzia calcolata) dell’attuale dirigenza juventina. Può accadere di tutto, senza che accada nulla.

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