da Alessandria
Ambizioni tante, idee anche, ma forse non sempre chiare. Se, come ha annunciato la giunta regionale ligure, la nostra regione vuol prendere ad esempio il vicino Piemonte, dovrà fare molta attenzione a non copiarne i guai. Per quanto riguarda il progetto per l'abbattimento delle liste d'attesa, per esempio, ne esisteva una bozza, qualche anno fa, ma senza «specificità particolari». E bozza è rimasto. Dunque, cosa si potrà coppiare? Burlando parla di risultati concreti: una società mista avrà il compito di ridurre entro il 2009 le liste d'attesa per le analisi diagnostiche; pensionati, studenti, lavoratori stagionali residenti avranno diritto al doppio medico di famiglia, e molto altro ancora sul modello piemontese. Peccato che da «copiare» ci sia in realtà ben poco.
La riorganizzazione sanitaria, alla quale sta lavorando la giunta guidata da Mercedes Bresso e che sarà discussa in consiglio dal 18 luglio, ha molte sfumature che non vanno proprio nella direzione che sembra. A cominciare da un esasperato torinocentrismo che si fa sentire in maniera marcata in Alessandria. La politica della salute dell'amministrazione Bresso comprende per la provincia il completamento servizi e interventi di umanizzazione secondo lotto a Tortona (568 milioni); ristrutturazione blocco operatorio primo lotto (2 milioni 228mila euro) e opere di umanizzazione (2 milioni 309mila) a Casale; recupero padiglione degenza per adeguamento a norma all'infantile di Alessandria (4 milioni 338mila); realizzazione ambulatori nell'ex caserma Passalacqua di Tortona (315mila euro). I soldi per il nuovo ospedale annunciato invece non ci sono. Non si sa dove sarà costruito e da chi; sarà l'Azienda ospedaliera o la società di committenza regionale, il cui disegno di legge istitutivo è in discussione in consiglio? Molto fumo dunque e poca sostanza. E non va meglio nell'Astigiano. L'Asl 19 opera su un bacino di poco più di 200mila abitanti; i dipendenti sono circa duemila, il «giro d'affari» supera i 350 milioni di euro l'anno, una cinquantina quelli pagati per mobilità passiva, astigiani che si fanno curare in strutture fuori azienda.
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