Giovedì sera a Palazzo Grazioli si è tirato piuttosto tardi. E si è discusso fino a dopo l’una di notte quasi esclusivamente di riforma elettorale. Con Berlusconi, Alfano, Verdini, La Russa, Cicchitto, Gasparri, Quagliariello, Matteoli, Brunetta e Bonaiuti presi a disquisire di dimensione dei collegi, introduzione delle preferenze, sbarramento e premio di maggioranza. La querelle su cui da settimane si sta arrovellando il partito, l’area degli ex An in testa, è rimasta invece sottotraccia visto che il nodo dei destini del Pdl, delle alleanze in vista del voto e di un’eventuale accordo con Pd e Udc per un post 2013 in continuità con il governo Monti non sono stati toccati. Nonostante alla riunione fosse presente un La Russa che solo il giorno prima è stato riunito ore con Corsaro a studiare e valutare i dettagli del cosiddetto «piano B», cioè l’addio al Pdl e la nascita di un nuovo partito.
Sul primo fronte, Berlusconi resta favorevole a una riforma in senso proporzionale, con premio di maggioranza, soglia di sbarramento e reintroduzione delle preferenze. Ma sui singoli punti c’è dibattito sia all’interno che rispetto al Pd, tanto che - spiega uno dei presenti alla riunione - è probabile che «la trattativa con il Pd si congeli per qualche settimana perché c’è bisogno di far calmare le acque».
Quel che non sembra raffreddarsi, invece, è il termometro dentro via dell’Umiltà. Con gli ex An, in particolare, sul piede di guerra e sempre più convinti che il Cavaliere abbia intenzione di tornare in prima linea e occhieggi all’ipotesi di un 2013 in continuità con il governo Monti. Idea che, per ragioni non esattamente identiche, non sembra convincere né Alfano, né il gruppo di ex Forza Italia che gli è più vicino (da Lupi a Fitto). E forse è anche per questo che negli ultimi giorni in molti sono tornati a rilanciare le primarie («la volontà è quella di farle, per la realizzazione vedremo», spiega Verdini), per cercare di tranquillizzare chi non vede di buon grado una nuova discesa in campo di Berlusconi. Ancora da decidere, ma sempre più probabile se anche giovedì sera, durante il vertice a Palazzo Grazioli, il Cavaliere ha dato a molti l’idea di parlare non solo da leader del Pdl ma anche da futuro candidato premier. Così, almeno, riferiscono i presenti. D’altra parte, al di là delle buone intenzioni, se al 7 luglio non c’è ancora uno straccio né di regolamento né di convocazione delle primarie è difficile immaginare si possano fare davvero.
Sempre aperto, poi, il nodo alleanze. «Naturale quella con la Lega», dicono Verdini e la Gelmini. Più complessa quella con l’Udc che - secondo i sondaggi di Euromedia - inizia a pagare la svolta a sinistra scendendo al 5%. Forse è anche per questo che Buttiglione decide di picchiare duro su Berlusconi dandogli del «pensionato» e dicendo che «i due terzi del Pdl verranno con il nostro nuovo partito di moderati». A rispondergli i big di via dell’Umiltà, da Cicchitto («delira solo per coprire lo spostamento dell’Udc a sinistra») alla Gelmini («il pensionamento dei leader lo decidono gli elettori») passando per Crosetto («Buttiglione è un simpatico e attempato filosofo»).
Una nota positiva, invece, arriva dalla riunione che si è tenuta giovedì alla Camera sul decreto sviluppo.
Dopo mesi a disquisire di semipresidenzialismo, ddl anticorruzione, proporzionale, primarie e Rai (argomenti che certo non scaldano l’elettorato), pare che il Pdl abbia deciso di puntare su pochi temi concreti. «Dobbiamo ottenere - spiega la Gelmini - il no all’aumento dell’Iva e qualche apertura su Iva per cassa, voucher ricerca e innovazione. Questo interessa a cittadini e imprese».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.