Fosse un imputato qualunque, meriterebbe almeno le attenuanti generiche. Ma visto che è stato un potente, anzi il potente di Sicilia, Salvatore Cuffaro (Udc) non è degno di sconti. Anzi, secondo i pm di Palermo, i fatti che gli vengono contestati sono gravi proprio per il suo (passato) ruolo di governatore di Sicilia. Quindi nessuna pietà: va condannato a dieci anni di carcere, per concorso esterno in associazione mafiosa.
Detta così pare un paradosso, ma è proprio questa la tesi sostenuta dai pm Francesco Del Bene e Nino Di Matteo che ieri, al termine di una requisitoria lunga quattro udienze, hanno chiesto una condanna record per lex presidente siciliano, dieci anni, appunto. Tanti per il reato contestato. E tantissimi se si considera che questo processo bis che vede lex governatore alla sbarra si sta svolgendo col rito abbreviato, e che dunque la pena richiesta è già scontata di un terzo. Ma i pm non hanno dubbi: «I fatti di cui lo accusiamo hanno detto sono veramente gravi anche per il suo ruolo di governatore regionale. Per questa sua veste poteva partecipare in alcuni casi al Consiglio dei ministri». Laconico il commento dellex governatore: «La mia fiducia nelle istituzioni e nella giustizia mi impongono il rispetto per il ruolo dei pubblici ministeri. È chiaro che non condividiamo le conclusioni dei pm e che, insieme ai miei avvocati, porteremo il nostro contributo per fare emergere la verità».
Cosa ha fatto, Cuffaro? I fatti contestati al senatore dellUdc sono praticamente gli stessi per i quali è già stato condannato in un altro processo, quello meglio noto come il processo alle talpe della Dda di Palermo: avere fatto favori a personaggi in odor di mafia come il manager della Sanità Michele Aiello e avere rivelato, sempre a personaggi vicini a Cosa nostra, lesistenza di indagini a loro carico. Per questi fatti Cuffaro è stato condannato in primo grado, nel 2007, a cinque anni, e in appello, nel gennaio scorso, a sette anni, perché i giudici hanno ritenuto che il favoreggiamento semplice fosse aggravato dallaver favorito Cosa nostra. In questo processo bis, che vede Cuffaro accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, sono confluite quasi tutte quelle vicende: «Abbiamo dimostrato hanno sostenuto i pm che il sistema di controinformazioni messo in piedi da Salvatore Cuffaro insieme ad Antonio Borzacchelli, Giorgio Riolo, Giuseppe Ciuro era puntato a scoprire indagini sui rapporti tra la mafia ed esponenti politici o a lui collegati». Gli stessi fatti del primo processo. Ma per i pm non vale il principio del «ne bis in idem», limpossibilità cioè di processare due volte una persona per lo stesso reato, perché cè un episodio nuovo.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.