«I sessantottini radical chic hanno ucciso la satira»

Ma è vero che ci meritiamo sempre la faccia che abbiamo? «Ma và!... È la sinistra che ce la disegna così. È talmente ossessionata dal fatto di dover attaccare il governo, che alla fine sputtana tutta l’Italia». O meglio l’Itaglia che lui mette in mostra (da oggi alle 17.30 solo per gli invitati, da domani per il pubblico al museo Carlo Bilotti di Roma). Quarant’anni dei suoi graffi incisi a penna, quarant’anni di storia politica di un Paese che ormai Giorgio Forattini guarda soprattutto da lontano sotto al ciuffo bianco (vive a Parigi per diversi mesi all’anno) e alle idee irrequiete.
Cosa ci ha messo, in «Viva l’Itaglia»?
«Praticamente tutto. Va dalla Prima Repubblica dei Fanfani e degli Andreotti alla Seconda di Berlusconi, ad oggi... Dal batterio killer alla Libia, passando per Pontida».
Eh, che tono... Perché, oggi in che tempi siamo?!
«Beh si sa. In quelli in cui non puoi nemmeno telefonare perché altrimenti cercano di punirti penalmente».
Anche lei a Parigi come «tutti» gli esuli politici?
«In realtà risiedo tanto anche a Milano. Ma da Parigi, dove mi arrivano i giornali, riesco a fare satira molto meno intossicata. Comunque sì, sono un esule politico. Non pubblico sui giornali da molto tempo ormai. Tutta colpa della sinistra».
In che senso?
«Ha ucciso la satira. E sono gli unici che mi hanno querelato. Venti volte per l’esattezza. Non mi è mai capitato con qualcuno di destra. La verità è che io sono stato fatto fuori da un coro di sessantottini».
Vuol dire che la sinistra non ha senso dell’umorismo?
«Macché. Rimosso chirurgicamente».
Cioè, sono più spiritosi a destra?
«Eh...Guardi Berlusconi! Mi chiedono sempre perché nei miei disegni non lo faccia più artefatto. Perché non ce n’è bisogno ha dei denti, un’allegria... Sorride a tutti senza mai augurarsi il male di nessuno, ma intanto...».
In effetti sono soprattutto i politici di destra a prestarsi ad andare in tv a farsi sfottere dai Crozza e dai Vauro...
«E fanno male a prestarsi, perché quella è satira militante».
Beh.. secondo il comune sentire la satira è appannaggio della sinistra.
«La satira è nemica del potere. Ma un certo tipo di potere, in Italia, è sempre rimasto lo stesso. E poi il problema sta all’origine».
Cioè?
«Ricordo quando iniziai a Repubblica. Era il 1978 e facevo l’inserto Satyricon (il primo inserto di un periodico italiano, ndr.). Io lanciavo l’idea ogni settimana e poi avevo “i ragazzi”, i “giovani” che sviluppavano l’idea. I ragazzi avevano nomi come Giannelli, Vauro, Vincino...Il fatto è che venendo tutti da giornali di sinistra, ed essendo tutti di sinistra, avevano individuato tutti nella Democrazia Cristiana il nemico da abbattere a colpi di satira (allora era la Dc a imperare) e sono rimasti dietro alle “stesse” barricate, sempre dalla “stessa” parte...».
A proposito di «Repubblica», ha letto l’ultimo libro di Eugenio Scalfari?
«Non leggo Scalfari ormai da anni. E non compro Repubblica. È stato un grande direttore (anche se è un uomo pieno di rancori), ha fondato un grande giornale, che però ha trasformato nell’organo di riferimento dei radical chic. E non glielo perdono».
Lei era già anti casta trent’anni fa...
«Io sono sempre stato anti casta. E mi sono preso del fascista, del berlusconiano...».


Se Veltroni era «il bruco» e D’Alema «il nazista sovietico», Pisapia e Vendola cosa sono?
«Pisapia devo ancora disegnarlo. Vendola lo faccio spesso. Con l’orecchino e mentre balla il bunga-bunga vestito da donna. Davanti a Berlusconi...».

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