MilanoÈ una parola che, da venerdì notte, ritorna con insistenza. «Preoccupazione». Il primo a dirsi «preoccupato», dopo la denuncia dellagguato al direttore di Libero Maurizio Belpietro, era stato il capo della polizia Antonio Manganelli. Ieri, invece, è intervenuto il ministro dellInterno Roberto Maroni. «Preoccupato - si è detto il titolare del Viminale - per un clima che genera simili episodi». Ma non solo. Perché i timori del ministro non si fermano a quella pistola che - secondo la ricostruzione dellagente di scorta - avrebbe potuto colpire il giornalista. Maroni va oltre. «Non è il primo episodio, purtroppo, e temo non sarà lultimo». A indagini appena aperte dai pm milanesi, dunque, arriva lallarme per il rischio di una nuova stagione di conflitti.
«Bisogna abbassare i toni - è lappello del ministro - perché certe affermazioni, certe accuse, che si leggono spesso su alcuni siti internet, possono dare a qualche mente malata lo spunto per fare queste cose». Da via Monte di Pietà, casa di Belpietro, a piazza Duomo, dove nel dicembre scorso il presidente del Consiglio venne ferito al volto, sono passaggi che Maroni non intende sottovalutare. Per questo, il Viminale ha annunciato che «è già stata intensificata la sorveglianza non solo per Belpietro, ma anche per altri soggetti a rischio», e che il ministro sarà nel capoluogo lombardo domani pomeriggio «per fare il punto della situazione».
La procura di Milano e la Digos, intanto, garantiscono il «massimo sforzo investigativo e la massima riservatezza». Linchiesta per tentato omicidio resta contro ignoti. La dinamica dellaggressione a Belpietro, così come lha raccontata lagente della scorta, appare chiara: giovedì notte, tra il quarto e il quinto piano del palazzo milanese, il poliziotto ha incontrato un uomo sui 40 anni, di corporatura robusta, che gli ha puntato contro unarma e ha fatto fuoco. O meglio, ci ha provato. Perché larma si sarebbe inceppata. Il caposcorta, a quel punto, avrebbe esploso due colpi da distanza piuttosto ravvicinata, nessuno dei quali è andato a segno. Poi, linseguimento, un terzo colpo sparato, e la fuga del «killer». Eppure, la matassa è tuttaltro che dipanata. I contorni della vicenda, infatti, restano ancora nebulosi. Gli investigatori hanno sentito gli abitanti del palazzo di via Monte di Pietà, e nessuno si è accorto della presenza dellestraneo né la sera dellagguato né nei giorni che lhanno preceduto. Eppure, «mister X» si sarebbe mosso nelledificio con grande familiarità, fuggendo dalluscita secondaria e dileguandosi nel nulla. Già domani, con ogni probabilità, i pm avranno i risultati della scientifica: si cercano impronte - quelle che non sono state trovate in un giardino che dà su via Borgonuovo, da dove laggressore sarebbe passato per scappare - e tracce del «giustiziere solitario». E soprattutto, si spera nei filmati delle molte telecamere presenti in zona. Al momento, però, ancora nulla. Nemmeno nelle riprese di un impianto installato proprio al civico 3 di via Borgonuovo. Nei prossimi giorni, infine, verrà effettuato nuovo un sopralluogo nel condominio, alla presenza del caposcorta, per ricostruire la dinamica del conflitto a fuoco e della fuga.
Il giallo, dunque, resta. Così come restano i dubbi dellex giudice milanese Gherardo DAmbrosio, il quale - 15 anni fa - fu «salvato» dallo stesso agente di scorta da un attentato simile. «Sinceramente - dice oggi DAmbrosio - non ci ho mai creduto molto». In quel caso, linchiesta venne archiviata e il poliziotto promosso. La procura di Milano, che ritiene attendibile il raccondo dellagente, sta stringendo i tempi delle indagini. «Stiamo vagliando tutte le ipotesi», fanno sapere dagli ambienti giudiziari.
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