Ibm, una grande missione chiamata impatto sostenibile

«Ibm è stata una delle prime aziende al mondo ad adottare, nel 1971, un regolamento interno specifico per un impatto sostenibile e a pubblicare un rapporto sull'ambiente, sulla sicurezza e la salute nel 1990, quando la legge ancora non lo imponeva». A dirlo è Giovanni Linzi, general manager sales Ibm Italia.
L'impegno non è stato privo di risultati: tra il 1990 e il 2006, Ibm ha risparmiato 4,5 miliardi di kWh di consumi elettrici, ha evitato l’emissione di quasi 3 milioni di tonnellate di CO2, pari al 44% di quelle prodotte dall’azienda nel 1990 a livello mondiale. Gli interventi realizzati in quel periodo si sono tradotti in risparmi per oltre 290 milioni di dollari. Inoltre, da gennaio 2010 Ibm ha scelto di utilizzare ZeroE planet, energia rinnovabile a Impatto Zero perché compensata con la creazione di nuove foreste.
Con questo progetto Ibm potrà ridurre sia le emissioni di anidride carbonica (24 tonnellate in meno nel 2010 da parte di tutte le sedi Ibm), sia i costi nell’ordine di un 10%. Sono tappe di una strategia condivisa con i propri clienti, anche tramite momenti di confronto in rete come il primo Global Eco-efficiency Jam, che ha coinvolto 1.600 dirigenti, funzionari pubblici, leader di Ong, giornalisti, analisti ed esperti ambientali di più di 60 Paesi. La discussione si è incentrata su come raggiungere l’eco-efficienza, tema chiave nell’economia dei prossimi 20 anni.
«L’It - spiega Linzi - è chiamata da un lato ad assicurare la riduzione dell'impatto, provocato come industria nel suo complesso, e dall’altro a sostenere le aziende nella trasformazione del proprio modo di operare. I servizi e le tecnologie informatiche sono infatti in grado di analizzare la complessità, affrontare inefficienze e sprechi, portare all’ottimizzazione delle infrastrutture e dei processi - da cui dipende la capacità competitiva sui mercati - e persino di promuovere modalità di lavoro più intelligenti. Ecco perché l’It è considerato un vero elemento abilitante della sostenibilità».
Ogni anno, nell’ambito del progetto Big Green avviato nel 2007, Ibm investe un miliardo di dollari e impiega migliaia di specialisti per incrementare il livello di efficienza energetica dell’It. Questo consente di sviluppare interventi a tutto tondo che vanno dalla progettazione di impianti ed edifici alla virtualizzazione-consolidamento delle infrastrutture It. Oggi sono oltre 2mila i progetti in corso in tutto il mondo per la realizzazione di data center «verdi».
«L’ottimizzazione dell’It - aggiunge Linzi - consente alle aziende di ridurre lo spazio occupato dai grandi centri di elaborazione, riducendo il loro consumo energetico. La dematerializzazione dei flussi di informazioni aiuta invece lo sviluppo di forme di lavoro mobili: un più basso numero di spostamenti delle persone permette risparmio energetico e ambientale.

Insomma, quanto più l’agire umano determina sprechi di risorse preziose - acqua, combustibili, energia - tanto più l’It può giocare un ruolo importante. Perciò Ibm è così impegnata nella visione nota come “smarter planet”, contribuendo a integrare con nuova intelligenza l’insieme di tecnologia oggi così diffusa a tutti i livelli».

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