Un’idea provocatoria per fermare la «strage dei botti»

Caro direttore,
le scrivo per avere una sua opinione sul solito drammatico «bollettino di guerra» di Capodanno e per lanciare una provocatoria proposta. Come ampiamente annunciato e previsto si legge che anche questo Capodanno ha mietuto le ennesime vittime: un morto a Napoli colpito da una pallottola vagante e oltre 380 feriti.
Al di là della ovvia pietà e tristezza per chi ci ha lasciato cosi stupidamente la vita, sinceramente questa schiera di «ignoranti» (mi perdoni ma non trovo altri appellativi...) che si presentano ai vari Pronto soccorso con ustioni alle mani, con il volto sfigurato, dita a penzoloni o mozzate solo per l'irrefrenabile smania di accogliere l'anno nuovo sparando colpi di fucile e di pistola e scoppiando botti che poi sono in realtà veri e propri ordigni, mi fanno sempre meno pena (i bambini ovviamente sì perché si rovinano spesso a causa e per colpa diretta degli adulti che li educano a questa «cultura del botto»). A questo punto mi domando: come si potrebbe frenare questa piaga? Prevenire il commercio dei botti è, credo, utopia: troppi ci campano, ci vivono, ci lucrano.
Io farei questa proposta: visto che la sanità ha già abbastanza da pensare a chi sta davvero male e visto che per questo si spendono già cifre con troppi zeri, perché garantire un'assistenza sanitaria gratuita a costoro, vittime solo della loro ignoranza? Io a costoro naturalmente garantirei il 1° gennaio ogni assistenza sanitaria, ma poi presenterei loro inflessibilmente il conto: struttura, medici, infermieri, anestesisti, materiale costano e tanto... Ritengo che quando si spargerà la voce che per «curarsi» una mano dilaniata da un botto il signor X oltre ad averci magari rimesso tre dita, ha dovuto pagare 10-15.000 euro la voglia di usarli cosi dissennatamente un po' si attenuerà. Forse sarò cinico ma credo che di questo triste bollettino di guerra al primo dell'anno potremmo farne tutti tranquillamente a meno.
- via mail

No, caro Fabio: lei non è cinico. Lei è un ottimista. Infatti pensa che un ticket sanitario possa fermare la stupidità umana. Ma mi dica un po’: se uno non rinuncia al botto sapendo che potrebbe rimetterci tre dita o una mano o anche la vita, pensa che davvero potrebbe rinunciarci per un po’ di soldi? Magari dopo che di soldi ne ha spesi altrettanti per portarsi in casa l’esplosivo? E poi ho un altro dubbio: se facciamo pagare le cure sanitarie alle vittime dei botti, perché non anche a chi si schianta alle quattro di notte, dopo la discoteca, imbottito di cocaina? Non va forse a cercarsela anche lui? Guardi, le dico la verità: io odio i botti, non credo di avere mai acceso un petardo in vita mia. E, a essere sincero, di quelli che si rovinano la festa in questo modo sciagurato non me ne importa nulla. Però, siccome spesso ci vanno di mezzo degli innocenti, sono d’accordo con lei: ci vuole una soluzione radicale. Quale? Io ne ho in mente una più provocatoria della sua: bisognerebbe organizzare un grande «botto park» in ogni città. Dovrebbe funzionare così: si convocano in una piazza tutti gli adulti che hanno intenzione di sparare razzi promettendo loro un regalo. Si vieta l’ingresso ai minori.

E si dà inizio alla festa buttando in mezzo alla folla, accesi, tutti i botti illegali sequestrati nella medesima città nei giorni precedenti. Questo sarebbe davvero cinico. Però, almeno, spettacolare. E, soprattutto, liberatorio.

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