Idomeneo, l’amore commuove Nettuno

Alberto Cantù

Come tutti i 7 dicembre, ecco la nostra guida all’opera. Per la vicenda di Idomeneo (1780-81; altra versione 1786) stavolta ci affidiamo ad Alfred Einstein, musicologo dalle sintesi mozartiane fulminanti nonché cugino del più celebre Albert. Ecco dunque il «soggetto» secondo il libretto di Giambattista Varesco, tratto dalla tragédie lyrique di Antoine Danchet; lavoro dato a Parigi nel 1712 con musiche di André Campra e il cui finale tragico Varesco muta in lieto fine.
Atto primo. Dopo molti anni di assenza e la distruzione di Troia, «Idomeneo (tenore) ritorna in patria e si fa precedere da Ilia (soprano), figlia di Priamo. Perseguitato sino alla fine dall’ira di Nettuno, durante l’ultima burrasca, mentre è già in vista dei patri lidi, egli formula un voto (se salvo, sacrificherà al dio la prima persona incontrata al suo ritorno). Una volta sbarcato, ecco di fronte a lui il figlio Idamante (in origine un castrato; oggi un mezzosoprano en travesti) al quale, dopo la scena del riconoscimento, non osa rivelare il terribile segreto: che dovrà morire per sua mano».
La musica. L’Ouverture ha un robusto respiro sinfonico dovuto anche al fatto che Mozart può servirsi per Idomeneo della migliore e più moderna orchestra del tempo: quella di Mannheim da cui nasce il sinfonismo come lo intendono e intenderanno Haydn, Mozart, Beethoven e successori. L’Ouverture è in due fasi come la maggior parte delle arie, che rifiutano dunque il vecchio modello belcantistico dell’aria col da capo e vedono, come qui, nella ripresa, una serie di trasformazioni e sviluppi che approfondiscono e sfaccettano sentimenti, personaggi, situazioni. Accordi energici e insistiti, foschi cromatismi, impennate dei violini, trombe e timpani preannunciano il «dramma». I recitativi sono quasi tutti «alla francese» ossia accompagnati (dagli archi cui si possono aggiungere altri strumenti), anziché «all’italiana» ovvero «secchi» (solo violoncello e cembalo). Quando anche secchi, sono di singolare accuratezza. Da segnalare l’aria «Padre, germani, addio» dove Ilia, prigioniera dei cretesi, vive un conflitto tipico del genere serio settecentesco: quello tra l’onore che le vieta di amare un nemico e l’amore che la spinge verso Idamante. Vera e propria «aria di furia» è, con Elettra, «Tutte nel cor vi sento» che sfuma nel coro drammatico - due gruppi corali: uno lontano, uno vicino - rappresentano la flotta di Idomeneo travolta dalla tempesta (è «Pietà! Numi, pietà!»). Sbarcato, Idomeneo ha il suo splendido biglietto da visita, soave e composto, nell’aria «Vedrommi intorno».
Atto secondo. «Il confidente Arbace (tenore) consiglia al Re di offrire una via di scampo a Idamante: portare in Argo Elettra (soprano), che tra l’altro ama Idamante non contraccambiata, e porla sul trono di suo padre. Ma Nettuno non si lascia ingannare. Al momento della loro partenza, scatena una nuova burrasca e invia un mostro marino che fa strage della popolazione del povero regno di Creta».
La musica. Con la «musica delle sfere» di «Se il padre perdei», Ilia parla a Idomeneo come a un secondo padre mentre questi («Fuor del mar ho un mare in seno») intuisce, turbato, l’amore tra la ragazza e il figlio. «Se il padre perdei» è uno dei molti esempi di come orchestra e voce interagiscano strettamente nell’Idomeneo. Qui solista è la voce del soprano non meno che quella di flauto, oboe, fagotto e corno concertanti: appunto alcune «meraviglie» dell’orchestra di Mannheim che Mozart fa sue. Mentre i cretesi si preparano a partire (coro: «Placido è il mar»), Idamante ed Elettra salutano Idomeneo (terzetto: «Pria di partir»). Ed ecco un’altra tempesta (coro: «Qual nuovo terror!») con mostro annesso.
Atto terzo. «A questo punto il Gran Sacerdote (tenore) esige che sia dichiarato il genere del sacrificio promesso. Idomeneo deve quindi rivelare il terribile segreto e già si accinge a sacrificare il figlio quando Ilia si getta fra loro e si offre di prendere il posto di Idamante. Ciò placa l’ira del nume e una voce sotterranea (Voce di Nettuno: basso) ordina l’abdicazione di Idomeneo in favore di Idamante. La povera Elettra rimane sola e sconsolata».
La musica. Questo atto è il capolavoro nel capolavoro di Idomeneo.

Valgano come esempio il quartetto «Andrò ramingo e solo», il brano più commovente dell’opera, e la scena in cui Idomeneo è diviso fra l’amore paterno e il voto da compiere, prima che Ilia, sorta di Alceste, si frapponga per sacrificarsi al posto dell’amato. Di qui la voce dell’oracolo (coi tromboni: «alla Gluck»: Mozart la vuole terrorizzante) per cui «ha vinto amore».

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