«Impariamo dal Cile a costruire autostrade»

L’assessore Cattaneo propone di copiare il modello sudamericano per la Brebemi

Maria Sorbi

In Cile per progettare e costruire un’autostrada ci vogliono nove anni. In Italia quattro volte tanto. E mentre i costi delle grandi opere là si aggirano sui 12 milioni di euro a chilometro, qui arrivano fino a 45 milioni. Risultato: mentre la Pedemontana invecchia sulla carta da quarant'anni, Santiago del Cile ha potuto avere la sua «Costanera Norte», che collega l'aeroporto alla cordigliera delle Ande, in meno di dieci anni. Dove una volta c'erano solo strade sterrate, ora ci sono telepass senza caselli e sistemi automatizzati. Si tratta di un'opera simile in tutto e per tutto alla tanto sognata Bre-Be-Mi lombarda che invece, dopo dieci anni dal progetto iniziale, non ha ancora visto la posa della prima pietra. Oltre al danno la beffa: a realizzare in così poco tempo le grandi opere cilene sono stati proprio gli italiani Impregilo, Autostrade e Mediobanca. «Il segreto è il project financing - spiega l'assessore lombardo alle Infrastrutture, Raffaele Cattaneo, in viaggio in Cile per capire come si fa a lavorare con tempistiche tanto invidiabili -. Dobbiamo andare oltreoceano per vedere come è possibile lavorare anche da noi».
La chiave del successo cileno è la legge di concessione approvata nel '92 e modificata nel '96: lo Stato garantisce un reddito minimo del progetto e copre il 70 per cento dell'investimento, ovvero la quota che le società solitamente finanziano con l'indebitamento. Questo vuol dire che chi lavora al progetto lo può fare con le spalle più coperte. «Lo Stato in Cile - spiega Cattaneo - dà certezza all'economia e consente di attirare l'interesse da parte delle banche, che rendono disponibili i fondi per realizzare le opere. L'esatto contrario di quanto finora accaduto per la Bre-Be-Mi».
Altro segreto invidiabile del Cile: lo Stato non cambia le regole in corso d'opera e abbrevia così i tempi di realizzazione. Le eventuali controversie vengono discusse da una commissione arbitrale composta da tre membri: uno scelto dalle imprese, uno dallo Stato e uno da entrambe le parti. Nulla a che vedere con il sistema italiano, dove i progetti, anche una volta approvati dal Cipe, non hanno i finanziamenti per venire alla luce. «In Cile hanno messo il privato sullo stesso piano dello Stato. C'è un modello simile a quello di Infrastrutture lombarde - fa notare Cattaneo -. Se potessimo avere il potere concedente per le autostrade regionali, allora lo schema cileno da noi in Lombardia potrebbe funzionare ancora meglio. Non dimentichiamo che la manodopera che là ha permesso di costruire un'autostrada che per 7 chilometri passa sotto il letto di un fiume, è italiana».

Cattaneo vede nell'esempio cileno «la vera sussidiarietà applicata alle infrastrutture: il privato può fare, se messo nelle condizioni adeguate e con risorse proprie, opere che finora sono state realizzate dallo Stato, consentendo di liberare fondi da destinare a investimenti più propri come quelli per rendere più efficiente la giustizia o la sanità». E dal viaggio, l'assessore lombardo trae un'ulteriore conferma per continuare nella battaglia per ottenere il trasferimento del potere concedente da Anas alla Regione Lombardia.

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