Gli imperatori Presta e Caschetto Il chiaro e l’oscuro della tivù

nostro inviato a Sanremo

Sono l’alfa e l’omega del potere televisivo italiano. L’uno, possente, estroverso e temuto, sembra - ci si perdoni il paragone cinematografico - un Robert De Niro onnipresente. L’altro, invisibile, schivo e ugualmente temuto, è un Al Pacino che compare solo quando è necessario. Insieme, per questo Sanremo, dopo anni di spietata rivalità, hanno raggiunto il compromesso storico, la pax televisiva. In nome di un obiettivo supremo: il business. Attenzione: non solo euro, ma acuta logica industriale.
All’Ariston sono più noti delle star che gestiscono: sono ovviamente Lucio Presta e Beppe Caschetto. Il primo è riuscito a infilare al Festival Belén al posto della Arcuri e a portare Benigni. E da agente si è trasformato in produttore: è sua (insieme a Morandi e a Mazzi) l’organizzazione della kermesse. L’altro ci ha messo Elisabetta Canalis e Luca e Paolo. C’è chi userebbe parole indelicate come «si sono spartiti la torta». Una lettura meno qualunquista, li descrive come due capitani d’industria che hanno deciso di unire le forze per portare al successo oltre ai loro artisti, anche il prodotto. Obiettivo centrato: il Festival è un trionfo. La Rai ha consegnato nelle loro mani un programma con un budget di venti milioni di euro: giusto o sbagliato che sia da parte di una Tv di Stato lasciare carta bianca, i soldi li hanno fatti ben fruttare.
Due uomini, due mondi totalmente diversi. Entrambi però capaci di muovere palinsesti e determinare le sorti delle stagioni televisive. Uno è calabrese, sanguigno, irascibile. Ha cominciato la sua carriera come ballerino, ora danza sulle onde con la sua lussuosa barca a tre piani. Il suo motto è: «Sono salesiano, prima mi vendico, poi perdono». Temutissimo nel mondo dello spettacolo, durante le conferenze stampa mattutine dell’Ariston si mette a destra del bancone “presidenziale”, controlla tutto, ascolta le domande, riceve i giornalisti e discute con i dirigenti. Presta pretende assoluta fiducia da parte degli artisti che lo scelgono come manager: lui ne crea la carriera e la fama, li coccola e li protegge fino alla morte; loro gli sono riconoscenti rispettando l’altro dei suoi mantra: «Si viaggia tutti sulla stessa barca». Logica applicata anche a questo Festival (come pure ai precedenti due): ottenuta la partecipazione di Belén come conduttrice (e quindi assicurando la sua stessa presenza), Lucio ha portato in dono Benigni che ha regalato uno share stellare oltre a una meravigliosa lettura dell’inno di Mameli. E poi ha gestito anche gli ingaggi degli autori (quasi tutti appartenenti alla sua società “Arcobaleno tre”) e dei coreografi. Per ogni contratto, sale il suo conto in banca: prende una percentuale tra il dieci e il venti per cento. Nella scuderia di Presta c’è mezza televisione italiana: Bonolis, Clerici, Costanzo, Cuccarini, Panicucci, Balivo, Amadeus, Facchinetti, Maya. Insomma la Tv popolare, quella che entra nel tinello degli italiani, quella d’evasione.
L’altro, Beppe Caschetto, è un’entità invisibile. Emiliano di origini siciliane, si rintana a Bologna, e da lì gestisce l’altra metà delle star italiane. Mai un’intervista, mai una parola fuori luogo, mai un tono di voce un po’ più alto, la sua agenzia, la «Itc 2000», pare un bunker sovietico: nessuno osa avvicinarsi. A Sanremo c’è, ma non si vede, a volte si materializza tra i giornalisti in sala stampa. Una vita ascetica, dorme poco, mangia ancora meno, si è avvicinato al mondo dello spettacolo dopo aver organizzato un memorabile concerto di Bocelli a Mosca. Da dirigente della Regione Emilia Romagna, a produttore dei film della Littizzetto: la sua prima cliente come manager è stata Alba Parietti. Oltre a Canalis e Luca e Paolo, nella sua squadra militano Fazio, Littizzetto, Marcuzzi, Volo, D’Amico, Gruber, Bignardi, Crozza. Praticamente Italia Uno, Sky e La7, la Tv amata dai giovani e dal popolo di sinistra.


Insomma, Lucio e Beppe, lo yin e lo yang del Festival, gli artefici dell’equilibrio tra l’anima popolare e quella “barricadera” che ha portato la kermesse al successo. Chissà se il patto tra gentiluomini siglato in Riviera, porterà altri frutti. A pensarlo, c’è da farsi venire i brividi...

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