Imprese e tassa di possesso: «Soddisfatti, ma non basta»

Imprese e tassa di possesso: «Soddisfatti, ma non basta»

Roma«Incidenza della tassa di stazionamento sull’economia del mare». È il tema del convegno organizzato a Roma sabato scorso in occasione del Big Blu, con focus sull’indagine nazionale affidata all’Ispo di Renato Mannheimer da Unioncamere Lazio, nell’ambito di «Regio Prima Latium et Campania», il protocollo d’intesa siglato dalle Camere di Commercio di Caserta, Latina, Napoli, Roma, Salerno e Viterbo. L’incontro, moderato da Donatella Bianchi, ha visto la partecipazione degli enti promotori e di autorevoli rappresentanti istituzionali e di associazioni operanti nel settore nautico. Qualcosa era già nell’aria, tutti speravano nel «pentimento» del governo, ma nessuna certezza.
Tuttavia Mannheimer ha «indagato» l’impatto percepito della crisi sull’economia del mare; il giudizio generale sull’introduzione della tassa di stazionamento; le principali conseguenze prospettate e le eventuali proposte di azioni correttive al decreto del 6 dicembre.
«Sono state intervistate - ha poi spiegato Mannheimer - le figure di vertice di imprese italiane del comparto nautico, appartenenti sia al settore industriale sia al commercio, ai servizi e al turismo».
Il 58% degli intervistati ritiene che la tassa di stazionamento avrebbe colpito un settore già provato dalla crisi economica in corso; una percentuale ancora maggiore (76%) ritiene che avrebbe causato (in parte è già avvenuto) la fuga dei diportisti italiani all’estero, con conseguenze negative sulle attività industriali, commerciali e turistiche correlate. Consapevole delle difficoltà generali, il 53% del campione riconosce l’utilità della manovra che dovrebbe mettere in sicurezza i conti pubblici. Tuttavia il 45% è di avviso contrario, mentre il 51% auspica quel passo indietro che il governo ha già fatto con il decreto liberalizzazioni. In ogni caso, quasi tutti concordano sulla necessità di apportare delle misure correttive: l’80% sollecita, a esempio, una riduzione delle aliquote in base alla vetustà della barca, una percentuale analoga chiede di affiancare alla tassa misure di sostegno al diportismo, il 67% suggerisce di sostituire la tassa di stazionamento con una tassa sulla proprietà.
A fronte di queste correzioni, il 36% delle imprese ritiene la tassa «utile ma non necessaria», e il 15% «utile e necessaria». Il restante 49% però, continua a esprimere parere negativo, considerandola «inutile e dannosa».
«Quindi - ha aggiunto Mannheimer - la maggioranza delle imprese esprime parere contrario. In caso di misure correttive, le imprese si dividono decisamente a metà tra favorevoli e contrari».
Ecco gli interventi dei presidenti delle Cciaa della «Regio Prima Latium et Campania».
Giancarlo Cremonesi (Roma)
«Per il nostro Paese l’economia del mare è una inestimabile risorsa economica. Una tassa sul posto barca va a colpire il lavoro di tutte le imprese dei vari comparti. Già 30mila imbarcazioni si stanno spostando dall’Italia verso altri lidi. E il danno stimato per l’economia del mare, a regime, è intorno ai 2 miliardi di euro, il calo occupazionale del 20% e il crollo degli investimenti del 50%».
Vincenzo Zottola (Latina)
«Il cambio di direzione del governo è sicuramente un segnale positivo. Ma non basta. I danni provocati dal precedente strumento legislativo, con oltre 27-30mila imbarcazioni già fuoriuscite dai porti italiani, ora vanno riparati. Occorrono nuove politiche di crescita e di comunicazione che riportino la nautica italiana, e i settori collegati, a essere competitiva sui mercati internazionali. La ex tassa di stazionamento è solo uno degli elementi critici che gravano su un settore in difficoltà. Ciò è confermato dalla recente indagine che abbiamo affidato al professor Mannheimer secondo la quale il 76% degli operatori non crede nelle possibilità di ripresa. L’economia del mare in Italia ha bisogno urgentemente di un nuovo e immediato progetto di sviluppo, che coinvolga le imprese e tutto il sistema camerale, istituzionale e associativo».
Maurizio Maddaloni (Napoli)
«Il balzello del 6 dicembre, al pari della tassa di soggiorno, non poteva coniugarsi alle aspettative di rilancio dell’economia. Avrebbe solo allargato la forbice di competitività rispetto ai nostri competitor, non solo in chiave turistica ma soprattutto in tema di attrattività degli investimenti. Il comparto nautico ha bisogno del sostegno delle istituzioni e di strumenti adeguati per supportare la cantieristica. Ha vinto il buon senso».
Tommaso De Simone (Caserta)
«Il settore della nautica da diporto di Terra di Lavoro è una realtà notevole grazie alle circa 200 aziende che vi operano. Non c’è dubbio che l’incidenza della tassa di stazionamento non avrebbe generato effetti benefici sul comparto. Il sistema camerale ha il dovere di contribuire a una soluzione che salvaguardi l’economia del mare, strategica per il nostro Paese. Ma tutto è bene quel che finisce bene. O quasi bene».
Guido Arzano (Salerno)
«Tutto rientrato? Spero di sì. Sarebbe stato un duro colpo non solo per la portualità turistica, ma per l’intero tessuto produttivo. Oltre a deprimere la nautica da diporto locale, la tassa di stazionamento avrebbe inibito il turismo nautico di provenienza estera. Necessaria la rivisitazione delle ultime ore. Ora ripariamo i danni».
Infine l’intervento di Luciano Serra, presidente di Assonat, che ha diffuso un’indagine dell’Osservatorio Nautico Nazionale: «Da questa emerge che la fuga di unità dai porti italiani, rilevata al 31 gennaio, è di 27mila unità. Come avevamo auspicato, il governo ha fatto ricorso al buon senso. La tassa di possesso non colpisce solo coloro che hanno scelto la bandiera italiana, ma, diversamente, tutti i cittadini italiani che, a qualunque titolo, detengono un’imbarcazione al di sopra dei 10 metri. Qualunque sia la bandiera e ovunque si trovi l’unità. Questo concetto era stato già introdotto dal governo per gli immobili posseduti all’estero da cittadini residenti in Italia.

Noi abbiamo rimodulato gli importi e i conteggi (grafico accanto) già contenuti nel Dl del 6 dicembre scorso ipotizzando il tributo come tassa annuale sulla proprietà dell’imbarcazione, e limitandoci a integrare le informazioni a disposizione dell’amministrazione finanziaria».

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