Le incredibili storie dei Magi dal Vangelo alla leggenda

Primo a parlarci dei Magi è stato l’evangelista Matteo nel suo stile secco: «Dei Magi d’Oriente arrivarono a Gerusalemme dicendo: “Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto la sua stella in Oriente e siamo venuti per adorarlo”». Seppero che il bebè si trovava a Betlemme e seguirono ancora la stella finché si fermò sulla grotta. «Entrati, i Magi videro il bambino con Maria e, prostratisi, lo adorarono; aperti i loro tesori, gli offrirono dei doni: oro, incenso e mirra». Compiuta la pia missione, i Magi tornarono nei loro Paesi. E qui, Matteo cala il sipario. Gli altri evangelisti ignorano l’episodio. Dunque, tutto quello che dovremmo sapere dei Magi - sapienti orientali - è quanto sopra.
Ne sappiamo invece molto di più. Basta un presepe casalingo per vedere che i Magi sono coronati. Sono infatti dei Re e ne conosciamo i nomi: Melchiorre, Baldassarre e Gaspare. Pittori, scultori, orafi del Medioevo e Rinascimento forniscono ulteriori particolari. I Re hanno abiti sontuosi e un seguito di eserciti. Il più anziano è Melchiorre e porta in dono l’oro. Il mediano è Baldassarre con l’incenso. Il più giovane, con la mirra, è il moro Gaspare. I tre hanno pose fisse e un ordine gerarchico: il vecchio Melchiorre è inginocchiato accanto al bambino, a capo scoperto e la corona a terra; in piedi, alle sue spalle, Baldassarre; più distante Gaspare, il più alto dei tre.
Fantasia di artisti che si è sbrigliata sulle scarne informazioni di Matteo? No. A ispirarli sono una legione di autori che, partendo dalle poche righe del primo Vangelo, hanno indagato sui misteriosi Re orientali. Fonti di ogni genere (tra cui le memorie dei discendenti dei Magi, la progenie dei Vaus che ad Accra si unì ai cristiani della prima crociata), storiche e geografiche, europee e asiatiche ci danno dei Magi, delle loro vite e avventure, un’immagine completa e senza lacune a metà strada tra realtà e invenzione.
A mettere ordine nella materia, facendo una sintesi ragionata di tutta questa letteratura è stato, a metà del XIV secolo, il tedesco Giovanni di Hildesheim, priore del convento dei Carmelitani di Kassel, in Assia. La sua Storia dei Re Magi (Historia trium Regum) è ora uscita in versione italiana a cura del medievista Massimo Oldoni, con introduzione, note e testo latino a fronte (pagg. 193, euro 16), nelle edizioni Francesco Ciolfi di Cassino. Bruno Ciolfi, erede di quella che è forse la più antica casa editrice italiana, si è specializzato in eleganti pubblicazioni tratte in gran parte da manoscritti dell’Abbazia di Montecassino.
Una delle versioni - fra oltre sessanta - dell’operetta di Giovanni di Hildesheim capitò nella mani di Wolfgang Goethe, ormai settantenne, nel 1819. Ne rimase incantato. «Mi affascina - affermò, scrivendo a un dotto -: \ il possibile, l’inverosimile, il favoloso, il reale sono fusi insieme, come una favola \. Nessun libro popolare mi viene in mente che si possa accostare a questo libretto».
Perché tanto interesse germanico verso i Magi? Per la più semplice delle ragioni: le reliquie dei tre Re sono a Colonia, collocate in un’urna d’argento dorato con smalti e gemme (la foto a colori del reliquiario è nell’edizione Ciolfi insieme ad altre illustrazioni). Giunsero nella città renana nel XII secolo dopo una peregrinazione che Giovanni di Hildesheim racconta con minuzia.
Le cose stanno così. Lasciata la grotta dell’adorazione, i magi tornarono indietro. Ma se per raggiungere Betlemme, guidati dalla stella, avevano impiegato 13 giorni - quelli che intercorrono tra il 25 dicembre (Natività) e il 6 gennaio (Epifania) - il rientro, tra mille agguati e smarrimenti, durò due anni. I tre Re, che prima non si conoscevano, ma che erano ormai affratellati dalla mistica esperienza, decisero di non lasciarsi più e di portare la parola di Dio ai loro popoli. Più tardi, si unì alla missione l’apostolo Tommaso, l’incredulo che volle toccare il Cristo risorto per sincerarsi che fosse davvero vivo. Tommaso consacrò vescovi i Magi e insieme cristianizzarono i tre regni: India, Persia, Etiopia (che coincidono però approssimativamente a quelle odierne). Morti ultracentenari, i Magi ebbero una tomba comune. Ma, dilagate di nuovo barbarie ed eresie, le spoglie si dispersero. Fu l’imperatrice Elena, madre di Costantino il Grande, a ritrovarle e portarle nella Basilica di Santa Sofia a Costantinopoli. Quando, secoli dopo, si fecero minacciosi i saraceni islamizzati, i corpi dei Magi furono messi in salvo e traslati a Milano nella chiesa di Sant’Eustorgio, detta tuttora «dei Santi Magi». Vi restarono alcuni secoli. Le reliquie emanavano profumi e furono prodighe di miracoli. Nel 1144, però - racconta il carmelitano di Hildesheim -, Milano si ribellò al Barbarossa, l’imperatore svevo, e fu espugnata. In cambio della clemenza, i milanesi cedettero ai tedeschi le sacre spoglie. Fu così che i Magi approdarono definitivamente a Colonia, il cui nome da colendo (onorando) la predestinava a questo privilegio.


La grazia del racconto, compatto e senza sbavature, con comprimari leggendari come il Prete Gianni, il Gran Khan, l’infaticabile Elena, santa e imperatrice, è un antidoto alle strenne senz’anima che stipano le librerie.

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