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Incubo secessione «Un referendum per fermare la Scozia»

Ci mancava solo la secessione. Come se i sonni di Sua Maestà Elisabetta II e del premier David Cameron non fossero già abbastanza tormentati dalla crisi economica che morde l’Europa e a cui non sfugge il Regno Unito. Ora un altro incubo si aggiunge ai grattacapi che accomunano il capo dello Stato e il leader di governo. Sono i nazionalisti scozzesi e la loro volontà, sempre più concreta, di indire un referendum per l’indipendenza. Una prospettiva talmente preoccupante da aver spinto la regina ad affrontare la questione in uno degli incontri settimanali col premier qualche mese fa. E da costringere Cameron, proprio in questi giorni, a considerare la possibilità di chiamare lui stesso gli scozzesi a pronunciarsi sull’indipendenza per poter quanto meno stabilire i termini della consultazione e boicottare il referendum che il premier Alex Salmond vorrebbe indire nel 2014.
L’onda dello Scottish National Party (Snp) è diventata infatti uno tsunami dopo la straripante vittoria alle ultime elezioni per il rinnovo del Parlamento scozzese, l’organismo voluto dodici anni fa da Blair con la devolution proprio nel tentativo, a quanto pare vano, di smorzare gli entusiasmi nazionalisti. Il partito indipendentista guidato da Salmond, già a capo di un governo di minoranza, lo scorso maggio ha travolto gli avversari, spodestato la roccaforte «rossa» del Regno Unito (69 deputati su 129, contro i 37 del Labour e i soli 15 dei Tory) e ottenuto la maggioranza assoluta che permette di indire senza frenetiche trattative una consultazione sulla secessione. Così Cameron vuole giocare d’anticipo e bruciare il nemico sul tempo. L’idea è quella di sottoporre agli scozzesi, su iniziativa del governo di Londra, un quesito netto, che potrebbe far paura agli scettici: sì o no all’indipendenza. Di farlo già nel 2012, al massimo nel 2013, d’accordo coi laburisti, coi quali ha già aperto un dialogo su questo tema, con l’obiettivo di evitare i grossi rischi di un referendum indetto da Salmond. Il premier scozzese, che da tempo invoca l’indipendenza e vuole più poteri oltre a quelli strappati con la devolution (competenza esclusiva su sanità, scuola e trasporti), è un leader che sogna - come ha raccontato in un’intervista al Giornale - di fare della Scozia un Paese ricco quanto la Norvegia, grazie allo sfruttamento di petrolio ed energia eolica e che spera di finirla di contribuire a rimpinguare le casse londinesi. Per ottenere questo risultato punta a un referendum «aperto», che in molti leggono come una trappola: tre domande, una per il sì all’indipendenza, una per mantenere lo statu quo e una «terza via» considerata molto pericolosa a Londra, l’opzione di una «semi-indipendenza» che comunque garantirebbe nuovi poteri a Edimburgo. Non solo. Nei piani di Salmond c’è l’idea di consentire agli scozzesi di poter dire «sì» a più di un quesito, un’opzione che i nazionalisti leggono come un banale escamotage per tirare dritto lungo la strada della secessione. Ecco perché Cameron e la regina corrono ai ripari. Il primo si sta muovendo per emendare lo Scotland Bill e introdurre, sul modello del «Clarity Act» canadese, una clausola che imponga un referendum blindato, a una sola domanda. La seconda ha chiamato alla sua corte i più esperti costituzionalisti del regno per capire quali sarebbero le conseguenze di una eventuale vittoria dei secessionisti. Gli esperti sono già sul piede di guerra: qualcuno sostiene infatti che se non sarà Londra ma Edimburgo a indire il referendum, il voto sarebbe illegittimo.
In segno di apertura, il leader nazionalista ha rassicurato: la regina potrà rimanere capo del nuovo Stato scozzese. Parole che fanno rabbrividire Elisabetta II, come quelle, considerate «oltraggiose», pronunciate da Salmond in sua presenza nel giorno di apertura dei lavori del Parlamento scozzese qualche anno fa: «Sua Maestà, non le sarà sfuggito che sono il primo First Minister dello Scottish National Party eletto da questa Assemblea. Credo nella restaurazione di una Scozia indipendente». Un obiettivo più vicino.

Sempre che Sua Maestà e David Cameron non si mettano di traverso.

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