Indulto, 3 anni di sconto al mostro di Foligno

Andrea Acquarone

Gli agenti di custodia li chiamano «i lupi». E lui forse è il lupo più feroce.
Prato, carcere la Dogaia, settima sezione, la chiamano «for wolf» ed è quella riservata ai maniaci sessuali.
Qui il «mostro» - come lui stesso si definì dopo il primo, barbaro, omicidio -, attende la sentenza. Calmo, impassibile, forse ancora insensibile, come quando ai processi ricordava gelido i suoi delitti. E le sue vittime: due bambini. Il ragioniere Luigi Chiatti, «il mostro di Foligno», improvvisamente diventato «buono» e «gentile», ha avuto tempo di impratichirsi con la giurisprudenza dietro le sbarre. Prima, senza nemmeno consultare gli avvocati, presentava istanze chiedendo permessi premio (previsti dalla legge); un mese fa ha impugnato carta e penna per scrivere alla corte d’Assise d’appello di Perugia. Poche parole, lapidarie. Ma pesantissime: «Chiedo l’applicazione dell’indulto». Trent’anni di condanna, tredici scontati, davvero hanno trasformato un assassino in abile leguleio. Il diritto vale anche anche i cattivi. Lui lo sa.
È durata così appena pochi minuti l'udienza davanti ai togati che ieri dovevano esaminare la richiesta. Il sostituto procuratore generale non si era opposto a settembre, la decisione appariva dunque quasi scontata. E così è stato: tre anni di sconto di per Luigi Chiatti. Che magari in attesa della libertà potrà beneficiare dei permessi premio già richiesti.
Lorenzo Paolucci, 13 anni, venne massacrato ma non violentato, nel caso di Simone Allegretti venne contestata l'accusa di atti di libidine (la violenza sessuale è esclusa dal provvedimento di clemenza), ma il reato fu poi assorbito come aggravante al delitto. Dunque via libera.
Il geometra di Foligno, oggi 38enne, in primo grado aveva rimediato due ergastoli, ma in Appello, dopo il riconoscimento della seminfermità mentale, la pena venne ridotta a 30 anni e infine confermata in Cassazione. Doveva uscire nel 2023, adesso il fine pena si accorcia al 2020.
Non si sa se sia rassegnazione o pietà cristiana quella che muove le parole di Luciano Paolucci, padre di uno dei due bambini massacrati. «Luigi Chiatti ha comunque il mio perdono. Sono consapevole che è una miseria ma glielo do di cuore. Io mi auguro che lui possa avere invece il perdono di Dio». Poi, però, un accusa, la stessa che arriva dall’intera opposizione di governo: «Questo indulto è uno schiaffo a tutti quei bambini che muoiono e soffrono per colpa degli adulti. È uno schiaffo anche per Luigi Chiatti perché nessuno si preoccupa di che cosa abbia bisogno realmente e di che cosa possa farlo uscire dal suo dramma per continuare a vivere in maniera serena. Chiatti ha ammazzato due bambini rendendoli irriconoscibili, tanto da non sapere se erano esseri umani o animali».
Mentre la polemica divampa, il ministero di Giustizia, prova a gettare acqua sul fuoco. Con un comunicato «semi-anonimo», a firma dell’ufficio stampa del Guardasigilli. Che rassicura spiegando che «che si tratta di allarmi ingiustificati». «Cessata l’espiazione della pena, in quanto mentalmente seminfermo - precisa il ministero -, Chiatti sarà sottoposto alla misura di sicurezza del ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario. Dopo tre anni sarà sottoposto quindi a una valutazione di pericolosità sociale.

La misura di sicurezza dell’ospedale psichiatrico non potrà essere revocata ed egli continuerà ad esservi sottoposto finché sarà riconosciuto ancora pericoloso socialmente. Allo stesso modo si procederà in seguito, di valutazione di pericolosità in valutazione di pericolosità».
In parole povere: «Non lo libereremo».
Qualcuno ci crede?

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