Anna Maria Greco
da Roma
In Senato, sono in scena le due facce del governo Prodi sull’indulto. C’è il guardasigilli Clemente Mastella che, di fronte alle commissioni Affari costituzionali e Giustizia, difende il provvedimento di clemenza che ha liberato 17.455 detenuti; sottolinea che a votarlo è stato il Parlamento e gira le accuse alla Cdl, rea di aver affollato le carceri con «leggi sbagliate» come la Bossi-Fini e quella sul falso in bilancio e di aver approvato con la ex Cirielli «un’amnistia mascherata». E c’è il ministro dell’Interno Giuliano Amato, che invoca una «cultura della legalità» e dice che le norme che fanno tornare in libertà i delinquenti sono «demotivanti» per le forze dell’ordine e scoraggiano chi denuncia. «In Italia - avverte - non possiamo permetterci di avere un indulto permanente».
Ai senatori che vogliono valutare gli effetti del provvedimento e mettere fine al balletto di cifre, Mastella innanzitutto dice che il governo «non deve chiedere scusa», visto che si tratta di «una importante e coraggiosa legge del Parlamento» e giudica infondata la polemica su un presunto aumento della criminalità.
I reati, sostiene il titolare della Giustizia, tra luglio e settembre sono calati del 2,7 per cento, ma dai dati di Amato emerge una diminuzione solo dei reati gravi come gli omicidi, mentre salgono furti e rapine. Quanto all’emergenza Napoli, Mastella precisa che a Milano ci sono stati più morti che nel capoluogo partenopeo, anche se lì i reati commessi sono quasi 4 volte di più che nella città lombarda. «Così è, e cito Pirandello, se vi pare», conclude il ministro, di fronte alle proteste dei senatori della Cdl. Mastella annuncia che chiederà l’intervento del Csm sulla presidente del tribunale di sorveglianza di Napoli «che ha dato numeri a vanvera» sull’indulto, riferendo di 11mila persone uscite. «La paura - dice - genera mostri: le preoccupazioni e le esigenze di sicurezza sembrano inesorabilmente indirizzarsi verso capri espiatori, cui attribuire le responsabilità dell’andamento della criminalità».
Per il guardasigilli, i detenuti scarcerati per far fronte all’ «aviaria giudiziaria» sono poco più dei 13 mila preventivati: 17.455, di cui 1.131 già in semilibertà. Solo il 7 per cento è rientrato in prigione: 1.715, fino al 15 novembre. Il dato complessivo di 24.500 usciti di prigione, indicato in una delle tabelle del ministro, includerebbe invece i soggetti in custodia cautelare, usciti per provvedimenti discrezionali delle autorità giudiziarie, anche indipendenti dall’indulto.
Mastella lancia poi l’affondo contro il centrodestra: «Stupisce che la polemica sull’indulto venga da chi ha contribuito alla disfunzione del sistema penitenziario riempiendo gli istituti di pena di poveri e disagiati e ha introdotto reati che producono fenomeni di inutile e transitoria carcerazione».
Si scatenano le reazioni della Cdl, con Lega e An che accusano il ministro di minimizzare e di scaricare le colpe sull’opposizione per coprire «l’incapacità del governo». Ma c’è anche un battibecco tra Mastella e il presidente Ds della Commissione Giustizia Cesare Salvi e Massimo Donati dell’Idv nota che il balletto di cifre conferma «il pasticcio». L’ex guardasigilli Roberto Castelli chiede le dimissioni del sottosegretario Luigi Manconi, che a luglio in Senato ha parlato di 13 mila beneficiari dell’indulto. «Erano solo stime», replica lui.
Ma le note dolenti vengono dal ministro Amato. Per cominciare, ribadisce che un provvedimento come l’indulto «non può non far soffrire chi fa il ministro dell’Interno» e insiste sulla «certezza della pena». Spiega la necessità di «garantire a noi stessi e ai nostri cittadini che commettere crimini porta ad una pena». Questa, sottolinea, è «cultura della legalità», quella che in città come Napoli è quasi inesistente perché c’è la percezione che delinquere è cosa normale.
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