Industria conciaria leader nella responsabilità sociale

Preoccupate ma fiduciose e dinamiche. Si riassume così lo stato d'animo delle industrie italiane del settore conciario. «Come tutti i comparti - spiega Salvatore Mercogliano, amministratore delegato di Lineapelle, la società che organizza l'omonimo evento mondiale della filiera “pelle” (a Bologna dal 3 al 5 aprile) - anche il nostro si trova di fronte a un anno pieno di incognite. Ma conserva fiducia nei confronti del mercato moda. E con questo spirito si è preparato alla manifestazione Anteprima (MiCo di Fieramilanocity, domani e dopo), dove esporranno oltre 120 aziende del top di gamma e che rappresenta un fondamentale momento di incontro tra imprese, ricercatori e buyer».
L'industria conciaria italiana è un settore storico e strategico nel Paese. Rappresenta uno dei maggiori fornitori di filiere quali il calzaturiero (assorbe quasi metà della produzione), la pelletteria (18%), l'arredamento (17%), l'abbigliamento (6%), gli interni d'auto (5%). Ha anche una significativa valenza ambientale, perché nobilita uno scarto dell'industria della carne che altrimenti sarebbe destinato a trasformarsi in rifiuto difficile e costoso da trattare. Il settore è costituito da oltre 1.300 aziende (in prevalenza piccole e medio-piccole a carattere familiare, cui si aggiunge qualche grande gruppo attivo anche all'estero) che danno lavoro a 18mila addetti per un fatturato di 4,9 miliardi.
L'Italia è leader mondiale del comparto, con una quota del 15% della produzione, che sale al 63% se si considerano solo i 27 Paesi dell'Ue. E si tratta di un settore ad alta internazionalizzazione, con il 70% del giro d'affari derivante dall'export. Inoltre, si calcola che oltre un quarto delle pelli scambiate a livello internazionale siano state lavorate da noi. Non parliamo di pelli grezze, la materia prima, che invece per il 95% è acquistata dall'estero. Un dato che nasconde uno dei maggiori problemi del settore: quello della crescente difficoltà ad approvvigionarsi da Paesi che esercitano politiche protezionistiche rigide e, è il caso di dirlo, spesso sleali: soprattutto Brasile, Argentina, India, Cina o Nigeria. «Questo costringe gli imprenditori italiani - aggiunge l'ad di Lineapelle - a correre in giro per il mondo non solo alla ricerca di clienti ma anche di fornitori, rivolgendosi sempre più spesso ai Paesi nordeuropei e nordamericani».
Ma torniamo alla domanda. «Da qualche anno - racconta Mercogliano - il settore arredamento è in sofferenza. A fare da contraltare c'è il mercato della moda, che assorbe il 60-70% della produzione. I numeri ci dicono che siamo in presenza di una contrazione della domanda a livello di volumi, ma di una crescita in valore. Questo conferma un miglioramento qualitativo della produzione, confermato da un'occupazione progressiva, da parte delle nostre imprese, del mercato mondiale di fascia alta».
Questo fenomeno spiega i più recenti trend dell'export, che tende a premiare soprattutto i distretti italiani (come quelli della Toscana, del Vicentino e della Campania) specializzati nella produzione di semilavorati di alta qualità per le calzature e la pelletteria. Secondo dati Unic (Unione nazionale industria conciaria) relativi al periodo gennaio-settembre 2011, le principali destinazioni sono: Cina +11%, Romania +21%, Germania +6%, Spagna +22%, Francia +17%, Polonia +2%, Usa +18%, Regno Unito +49%, Corea del Sud +29%.

«I requisiti che caratterizzano il valore aggiunto dei prodotti dell'industria conciaria italiana - conclude Mercogliano - sono la qualità, l'immagine e la tutela dell'ambiente. Prima eravamo leader nello stile: adesso lo siamo anche nella responsabilità sociale».

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