Lara Comi, giovane eurodeputata Pdl, è appena reduce da una riunione cruciale a Palazzo Chigi. Si giocava un nuovo round della legge Reguzzoni-Versace sul made in Italy, al centro delle «attenzioni» dellUnione europea perché ritenuta in contrasto con le normative comunitarie e quindi a rischio annullamento.
Può raccontarci come è andata?
«Bene, nellinteresse di tutti. Siamo giunti alla conclusione di sospendere questa legge, approvata dal Parlamento italiano allunanimità e la cui entrata in vigore era prevista per il 1° ottobre. Anche i decreti attuativi verranno bloccati».
Detta così può sembrare una resa ai burocrati di Bruxelles.
«Al contrario, è una scelta di buon senso. La via per risolvere il problema delletichettatura e della tracciabilità dei prodotti tessili, della calzatura e della pelletteria, va ricercata non in sede nazionale ma con le intese alleuroparlamento, in Commissione europea e in Consiglio».
Come hanno reagito i firmatari?
«Erano presenti allincontro di oggi pomeriggio (ieri, ndr), assieme al ministro Ronchi, al viceministro Urso, al commissario Antonio Tajani e Patrizia Toia del Pd, con il sottosegretario Gianni Letta nel ruolo di mediatore. Sono sincera: la reazione di Marco Reguzzoni (capogruppo della Lega alla Camera, ndr) è stata piuttosto dura, più orientata alla difesa di una battaglia di bandiera. Ho apprezzato invece il comportamento di Santo Versace, deputato Pdl, che con grande autorevolezza e responsabilità è stato disponibile al confronto».
Ora la partita si sposta in sede Ue.
«Proseguiamo sulla strada di un regolamento dellUnione, siamo già a buon punto, gli emendamenti da me proposti sono già passati. In questo modo, le nuove norme non potranno essere modificate dai singoli Stati membri e saranno immediatamente applicabili. Personalmente auspico labrogazione della Reguzzoni-Versace, pur condividendone gli scopi, cioè il rispetto della salute dei consumatori e la difesa degli interessi delle imprese che producono in Italia».
Dunque lItalia evita il muro contro muro.
«Assolutamente sì. Meglio una legge certa e condivisa che fughe in avanti. E se si muovessero in autonomia Francia o Germania? Con il clima di confusione a rimetterci sarebbero proprio le nostre aziende. Un rischio da scongiurare».
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