Infermiere bulgare, un calvario lungo otto anni

Tutto iniziò il 16 febbraio 1999, quando le cinque infermiere e il medico vengono arrestati con l'accusa di aver inoculato volontariamente il virus Hiv ai bambini dell'ospedale di Bengasi

Infermiere bulgare, un calvario lungo otto anni

Roma - La vicenda delle cinque infermiere bulgare e del medico di origine palestinese, liberati oggi dalla Libia e ritornati in Bulgaria, è iniziata oltre otto anni fa. Ecco una cronologia essenziale dei fatti:

16 febbraio 1999 - Valya Chervenyashka, Snezana Dimitrova, Nasya Nenova, Valentina Siropulo, Kristiana Valceva e Ashraf Ahmad Jum’a vengono arrestati in Libia con l’accusa di aver inoculato deliberatamente il virus dell’Aids in 426 bambini nell’ospedale di Bengasi. 

16 giugno 2001 - Viene richiesta la pena di morte, ma i sei si dichiarano non colpevoli.

26 agosto 2002 - Tre delle accusate sostengono di essere state maltrattate e torturate per estorcere loro la confessione.

3 settembre 2003 - Deposizione del professore italiano Vittorio Colizzi e del francese Luc Montagnier. A loro parere la contaminazione è il risultato delle cattive condizioni igieniche dell’ospedale. Sulla vicenda intervengono famosi scienziati, che lanciano appelli e pubblicano studi per tentare di scagionare gli operatori sanitari.

6 maggio 2004 - Le infermiere e il medico vengono condannati a morte e fanno richiesta di appello. La Corte suprema libica, a fine anno, annulla la sentenza e ordina un nuovo processo.

11 maggio 2006- Inizio del nuovo processo a Tripoli.

19 dicembre - Gli imputati vengono nuovamente condannati a morte e presentano appello contro la sentenza.

31 maggio 2007 - Idriss Lagha, portavoce dei familiari delle vittime riferisce che «i rappresentanti delle famiglie dei bambini e il primo ministro britannico Tony Blair hanno raggiunto un accordo per giungere ad una soluzione con la comunità internazionale che sia soddisfacente per tutte le parti coinvolte e metta fine alla crisi.

10-11 giugno - Negoziati fra gli emissari europei e i diplomatici libici.

19 giugno - Sofia annuncia di aver concesso la cittadinanza bulgara al medico palestinese.

20 giugno - Comincia processo d’appello.

27 giugno - Le infermiere e il medico vengono processati a Tripoli per diffamazione, per aver detto di essere stati picchiati, torturati con gli elettrochoc e minacciati con cani. Un mese prima, gli imputati erano già stati assolti al termine di un processo per diffamazione intentato da tre poliziotti e un medico.

10 luglio - La Fondazione Gheddafi annuncia di aver ottenuto l’accordo delle famiglie dei bambini contaminati, che hanno accettato risarcimenti in vista di una soluzione del caso delle infermiere e del medico condannati in Libia.

11 luglio - La Corte suprema conferma la condanna a morte.

12 luglio - Visita a sorpresa in Libia della "first lady" francese Cecilia Sarkozy, che incontra le infermiere e i familiari di alcuni dei bambini contaminati ed è ricevuta dal colonnello Gheddafi.

15 luglio - La Fondazione Gheddafi conferma che i familiari dei bambini contaminati hanno accettato un risarcimento di un milione di dollari per ognuna delle vittime.

17 luglio - Le famiglie incassano il risarcimento e rinunciano alla pena di morte per i sei imputati. Il Consiglio superiore per le istanze giudiziarie annuncia che la condanna alla pena capitale viene commutata in ergastolo.

24 luglio - I sei bulgari vengono liberati e consegnati a una delegazione di negoziatori composta dal commissario Ue Benita Ferrero Waldner, dalla moglie

del presidente francese Cecila Sarkozy e dal segretario generale dell’Eliseo Claude Gueant, che si sono recati a Tripoli. Un aereo della presidenza francese li riporta in patria, dove il presidente Giorgi Parvanov li graz

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