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Integralisti musulmani ed ebrei ortodossi uniti contro McCartney

Gli integralisti islamici giurano di aver già cucito i giubbotti dei kamikaze mandati a incenerire lui e la sua band. Ebrei ultra ortodossi promettono di mettere a ferro a fuoco Tel Aviv pur d'impedirgli di cantare. Sarà anche «Friendship First», amicizia prima di tutto, come l'ha chiamata l'ottimista baronetto Paul McCartney, ma la sua prima esibizione in Israele rischia di passare alla storia come uno dei concerti rock più presidiati.

Chi deve garantire la sicurezza del 66enne ex bassista dei Beatles e delle decine di migliaia di fan pronti stasera ad assediare lo Yarkon Park di Tel Aviv ha, in effetti, di che preoccuparsi. Mezzo secolo dopo la controversa cancellazione del concerto dei Beatles del 1965, McCartney conta ancora molti nemici pronti a tutto pur di non farlo suonare. Omar Bakri Mohammed, un verboso portavoce dell'integralismo islamico espulso da Londra e riparato in Libano, annuncia da giorni l'inevitabile punizione del «sionista» baronetto colpevole di contribuire alle celebrazioni per il 60° anniversario dello Stato ebraico. Dagli antipodi dell'estremismo politico-religioso, ebrei ultra ortodossi ed estremisti della destra annunciano vendetta per quelle che definiscono le «campagne antisemite» inglesi.

Ad aumentare l'allarme contribuisce l'incubo di un bulldozer, di un camion o un'autovettura lanciati, come successo a Gerusalemme nei mesi scorsi, contro i 50mila spettatori. Il balletto delle minacce si è aperto due settimane fa, con l'intervista in cui Omar Bakri Mohammed definiva McCartney «nemico dell'Islam» e gli intimava di stare alla larga da Tel Aviv. «Se ci tiene alla vita non deve mettere piede in Israele, i volontari del sacrificio lo aspettano e nessuno potrà garantire la sua sicurezza», ha spiegato il predicatore al tabloid inglese Daily Express. Subito dopo hanno alzato la voce gli esponenti ultra ortodossi e i fiancheggiatori dei coloni.

La protesta anti McCartney è per loro la risposta alla campagna della sinistra inglese contro l'acquisto dei terreni per la nuova ambasciata di Tel Aviv di proprietà di Lev Leviev, un miliardario ebreo finanziatore degli insediamenti in Cisgiordania. «Lanceremo un appello per impedire il concerto di McCartney - ha annunciato Itamar Ben Gvir leader dell'ultradestra israeliana - gli inglesi qui da noi devono sentirsi come gli israeliani in Gran Bretagna, vittime di continue minacce antisemite».

L'unica a non scomporsi in questo crescendo d'intimidazioni è la vittima designata. Lasciati i bagagli nelle 21 stanze con vista mare prenotate per lui e il suo seguito è partito per una visita alla città palestinese di Betlemme dove ha ripetuto di sentirsi imparziale e di non voler rinunciare al concerto.

«Molti mi hanno chiesto di non venire e alcune minacce mi hanno scioccato, ma non impaurito - ha dichiarato il baronetto -, ho molti amici in Israele e nella vita sono abituato a fare sempre quello che mi pare».

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