Caccia al Grillo addomesticato

Bersani si è apparecchiato a gestire il Paese senza avere una maggioranza organica. Contento lui...

Caccia al Grillo addomesticato

Cari lettori, metto le mani avanti: non ho intenzione di ammorbarvi con l'analisi del voto. Siamo già arcistufi di commenti stereotipati. Diciamo piuttosto che il risultato elettorale è un fritto misto indigesto e non consentirà di servire agli italiani un piatto dal sapore passabile. Lo si è capito dal discorso pronunciato ieri da Pier Luigi Bersani, il quale, nonostante sappia benissimo di non avere i numeri per governare, ci prova lo stesso. Con chi? Chiunque sia disposto ad accettare le sue proposte. In pratica si è apparecchiato a gestire il Paese senza avere una maggioranza organica. Contento lui...

Ciò comunque dimostra a quale punto di degrado sia giunta la politica patria. Ho un sospetto, anzi una certezza, derivante non solo dalle parole di Bersani, ma anche da quelle di Beppe Grillo. Il primo lascia intendere che col secondo si può ragionare; e il secondo ammicca al primo: sarei disposto ad appoggiare un esecutivo simile a quello di Mario Monti, ma con un personaggio diverso da questi. Se non è un'apertura, non è neppure una chiusura. E rivela che nessuno desidera tornare alle urne a tempi brevi.

I pretesti per rimandare l'appuntamento ravvicinato ai seggi sono vari: il Porcellumm è una boiata pazzesca, le istituzioni repubblicane sono obsolete e richiedono una rinfrescata, la crisi non cessa di mordere e va affrontata con provvedimenti adeguati, i mercati sono nevrotici e ci aspettano al varco, l'Europa pretende rigore. Le solite cose, la solita barba. Cosicché è in atto un tentativo di inglobare i grillini nel sistema onde evitare che premano i grilletti. Era logico che accadesse, ma non subito. Fra l'altro, se il M5S si lascia irreggimentare nella casta, addio sogni di gloria: anche gli elettori più affezionati cambiano idea in un secondo. E, con la medesima mano con cui ti hanno dato il suffragio, te lo tolgono al prossimo giro. Staremo a vedere.

Lo stesso Silvio Berlusconi sembra fortemente deciso a tergiversare: la prospettiva di ricominciare a predicare in tivù «perché bisogna votarmi» non lo alletta. Come dargli torto? Tanto più che, a spoglio ancora in corso, egli ha appreso dai signori giudici di essere stato invitato in tribunale per subire ben quattro processi: tutti a marzo. Roba da uccidere un toro. Anche chi, sbagliando, non è abituato a pensare male, arriccia il naso davanti a un plotone di toghe pronto a intervenire subito dopo le operazioni elettorali. E si domanda: vuoi vedere che l'imperativo categorico è far fuori a ogni costo il Cavaliere affinché non disturbi il manovratore rosso? Naturalmente, la mia risposta è no, figurarsi. Ma il lettore tenga conto che mi fa velo l'ipocrisia: forse nella mia giovinezza ho frequentato troppi preti.

È un fatto che il leader del risorto Pdl ha dichiarato in tivù di non essere alieno da un eventuale governo «delle larghe intese». Traduco dal politichese: una bella ammucchiata provvisoria per superare l'impasse del momento. Più avanti escogiteranno qualcosa di meglio.
D'altronde, neanche un provetto alchimista sarebbe in grado di trovare una formula meno scontata, data la situazione in cui siamo precipitati con le scelte un po' folli, eppure ben motivate, dei cittadini. Trascorreranno alcune settimane prima che una mano pietosa dipani la matassa politica di cui ci siamo dotati nell'illusione di tessere una trama intelligente. Intanto, assisteremo a qualche spettacolo avvincente: si tratta infatti di eleggere i presidenti della Camera (orfana ghignante di Gianfranco Fini, trombato col suo esile Fli) e del Senato, poi il capo dello Stato. Un test più ostico di quello necessario per iscriversi a medicina; voglio verificare come faranno i parvenue del Parlamento a selezionare i colleghi degni delle tre cariche istituzionali. Ci sarà da ridere o da piangere, a seconda delle sensibilità.

Giova ricordare che per issare sulle alte poltrone tre meritevoli (si fa per dire) occorre - minimo - la maggioranza assoluta. Se grazie a un (improbabile) accordo lorsignori riusciranno nella circostanza a formarla, nulla potrà escludere che diventi solida e duratura. Campa cavallo. Va da sé che negoziati finalizzati a indicare gli uomini da inviare al Quirinale, in sostituzione di Giorgio Napolitano (non desidera essere riconfermato, questione di età), e al vertice delle assemblee di Montecitorio e Palazzo Madama, si annuncino laboriosi e forse tribolati.

Ma anche utili a comprendere a quale futuro andremo incontro: perfino al fatto che Grillo indossi il camice bianco e si adatti al ruolo di crocerossina per soccorrere gli sciagurati designati dagli italiani a rappresentarli. Dal che si evince: gli onorevoli e i senatori non sono peggiori di noi, anzi ci assomigliano moltissimo. Ad maiora!

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