La festa patronale di "san libro"

Ma perché migliaia di persone affollano i centri storici d'estate nelle feste del libro?

Ma perché migliaia di persone affollano i centri storici d'estate nelle feste del libro? Sono reduce da strabocchevoli sagre librarie in tutta Italia, mi accingo a un altro bagno di libridine nel borgo natio. Folle refrattarie ai libri e alla lettura, inchiodate ai tablet o alla tv, partecipano a questo struscio intellettuale di massa. Come mai? Ritrovano nelle feste librarie la festa patronale. Non è illuminismo di massa, ma luminarie per i santi in veste di autori. Si comprano gelati e focacce e si lascia l'obolo al santo, acquistando un libro-santino, con la benedizione firmata dell'autore e per i più devoti con dedica personale. Il mondo cambia, la tecnologia allontana i vicini e avvicina i lontani, siamo cinici e solitari, ma ci restano tre bisogni elementari.

Il bisogno di festa che interrompe la routine per un evento speciale, l'adorazione di una reliquia. Il bisogno di comunità per venerare insieme, coram populo, riunirsi e strusciarsi. Il bisogno di sacro, cioè di qualcosa d'eccezionale, locale e universale, disceso dall'alto, che colleghi a un culto, un rito, una predica. Poi ci sono, come alle feste patronali, i palloni gonfiati, i fuochi d'artificio verbale, gli spari a devozione. L'antico risorge in nuova veste.

Questo dimostra tre cose: il globale non cancella il locale; il telemondo va compensato con la fisicità di un incontro-evento; al di là della tecnica e della finanza, l'uomo resta animale ludico, religioso e comunitario. Il libro, più che un testo, è un pretesto.

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