Roma - «Sono gay. L'Italia è un Paese libero, ma esiste l'omofobia e chi ha questi atteggiamenti deve fare i conti con la propria coscienza. Io non sto bene in questa società». Una lettera di poche righe, vergate sabato sera, per provare a spiegare il disagio che gli rendeva impossibile vivere. Poi Simone, 21 anni, romano, ha salutato i suoi genitori, convinti che uscisse con gli amici, e ha raggiunto un palazzo in via Casilina. È salito in terrazza, all'undicesimo piano, e s'è buttato nel vuoto. Il padre e la madre, sconvolti, hanno spiegato di non aver mai immaginato nemmeno che loro figlio fosse omosessuale: «Eravamo ignari del suo tormento interiore, Simone non aveva problemi con nessuno», hanno raccontato alla polizia. Che non indaga, per ora, sull'ipotesi di istigazione al suicidio. Non risultano vessazioni di alcun genere, e dunque non sarebbe stato un episodio particolare a spingere il ragazzo, studente universitario, a togliersi la vita, ma appunto il clima generale di stigma sociale verso l'omosessualità. Anche se c'è da capire il perché della scelta di quel palazzo, lontano da casa, per farla finita.
Quello del 21enne Simone è il terzo suicidio di giovani gay avvenuto nella capitale negli ultimi dodici mesi. Il primo è stato Andrea, 15enne studente romano che, deriso dai compagni di scuola per la sua presunta omosessualità, si è impiccato con una sciarpa in casa il 20 novembre del 2012. L'otto agosto scorso era stato Roberto, 14 anni appena, a buttarsi da un tetto dopo aver lasciato, in una lettera in cui rivelava di essere gay, i nomi di dodici amici che i genitori avrebbero dovuto avvertire della sua morte. Una delle amiche citate aveva rivelato che il ragazzino «era tormentato da un gruppo di bulli».
Come era accaduto dopo i due precedenti, anche il drammatico gesto del 21enne gay romano ha innescato una serie di reazioni politiche. Se l'ex parlamentare Vladimir Luxuria twitta che «in Italia non ci sono matrimoni gay ma purtroppo tanti funerali gay», il sindaco di Roma Ignazio Marino, sempre su Twitter, piange una nuova «vittima dell'omofobia» e invita a «non lasciare soli i nostri giovani». Polemico il candidato alla segreteria del Pd Gianni Cuperlo, che esprime «rabbia per l'incapacità dimostrata finora dalla politica nell'affrontare questa tragedia», e rilancia l'approvazione «con urgenza» di una «buona legge sull'omofobia».
Un tema caldeggiato anche dalla comunità gay della capitale, che annuncia una manifestazione mercoledì prossimo. «Il 30 ottobre, dalle 22 - spiega il portavoce del Gay center, Fabrizio Marrazzo - organizzeremo una mobilitazione come momento di raccoglimento e riflessione alla gay street di via di San Giovanni», nel centro di Roma. Proprio Marrazzo ricorda che la «gay help line», il call center antiomofobia del comune, riceve 20mila chiamate l'anno, e azzarda una stima secondo la quale un omosessuale su dieci ha pensato almeno una volta al suicidio. «Profondamente addolorata» anche Maria Cecilia Guerra, viceministro del Lavoro e delle politiche sociali con delega alle pari opportunità, che punta l'indice contro le «responsabilità di tutti»: «Sono ben consapevole - spiega l'esponente del Pd e del governo - che è necessario fare molto di più».
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