«Dobbiamo superare il Senato. Quindi legge elettorale solo per la Camera. Non siamo delusi da Renzi. Patti chiari, riforme certe». Angelino Alfano fa risuonare il suo «avanti tutta», sull'amato Twitter. E festeggia, ma non troppo, l'accordo per una legge elettorale «dimezzata», valida solo per determinare la rappresentanza parlamentare a Montecitorio, ma non a Palazzo Madama.
Le dichiarazioni sono apparentemente improntate alla soddisfazione. Il risultato più importante - quello di allontanare le urne a ogni costo - è raggiunto. I tempi si allungano, l'opzione del voto apparentemente viene spostata in avanti, il proclama renziano dell' «Italicum subito» viene rispettato ma per una sola Camera. Una incognita, però, resta in campo. Perché qualora la situazione dovesse precipitare a nessuno dentro Ncd sfugge che si rischierebbe di andare al voto con l'Italicum alla Camera (dovendo fronteggiare una soglia del 4,5% in coalizione o del 12% da soli) e con il «Consultellum» al Senato, ovvero con uno sbarramento del 8% da soli e del 3% qualora si faccia parte di una coalizione. Insomma il pericolo di ritrovarsi a fronteggiare le urne entro pochi mesi e oltretutto con soglie di sbarramento tutt'altro che agevoli resiste. E non consente di dormire sonno tranquilli.
Il più soddisfatto è Gaetano Quagliariello, tra i promotori della soluzione adottata da Forza Italia e Pd e tradotta nell'emendamento D'Attorre. «Mi sembra abbia prevalso la ragionevolezza. Siamo stati i primi a indicare questa soluzione, già a dicembre scorso. La pazienza, la tenacia e la perseveranza pagano ancora una volta».
Soddisfatto ma più cauto Maurizio Sacconi. «La soluzione che si va profilando, doverosamente applicata alla sola Camera dei deputati, dà ragione a coloro che hanno sempre evidenziato la necessaria connessione tra la nuova legge elettorale e la riforma del Senato. È un primo significativo risultato, che aiuta il compiuto svolgimento del processo di riforma dello Stato, ridimensionando il tentativo di ridurlo alla riproposizione delle liste bloccate dopo la sentenza della Corte Costituzionale».
Nella sequenza di dichiarazioni ufficiali qualche nota di perplessità, però, risuona. Perché se l'emendamento D'Attorre è una mezza buona notizia, tutti cono coscienti che l'ideale per Ncd sarebbe stata l'adozione dell'emendamento Lauricella (quello che qualcuno aveva ribattezzato «l'emendamento campa-cavallo») che prevedeva l'entrata in vigore della legge soltanto alla fine dell'iter delle riforme costituzionali.
Il più esplicito è Renato Schifani che in una intervista ad Avvenire non lascia spazio a equivoci. «L'emendamento D'Attorre rischia di ingenerare il caos» dice il presidente di Nuovo Centrodestra. «Non va - spiega - perché può favorire, da parte di chi pensasse di fare il pieno dei voti alla Camera, la tentazione di andare al voto anticipato prima che venga chiuso il percorso riformatore che deve comportare insieme alla riforma elettorale anche quella costituzionale per il superamento del bicameralismo perfetto».
Una bocciatura secca che lo costringe poi, ad accordo raggiunto, a una correzione di
rotta. «Bene lo sblocco della situazione. Ma è del tutto inverosimile andare al voto con due sistemi elettorali diversi che darebbero maggioranze disomogenee. L'idea di votare prima della riforma del Senato è pura follia».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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