Alfano punta alla Sicilia per convincere il Cav a non rottamare il Pdl

Un successo nell'isola rilancerebbe anche il tentativo di agganciare Casini. Poi assicura: "Cacceremo ladri di galline e gaglioffi"

Alfano punta alla Sicilia per convincere il Cav a non rottamare il Pdl

Tutti ad aspettare le elezioni in Sicilia, manco fossero le presidenziali americane. Ma così è in un Pdl dove sospetti, complotti e accuse reciproche sono ormai all'ordine del giorno. Perché sì, l'uscita di Daniela Santanché avrà pure ricompattato i vertici di via dell'Umiltà intorno ad Angelino Alfano, ma ha pure dato la misura di quanto i nervi siano tesi se basta un'intervista dell'ex sottosegretario per scatenare una contraerea di dichiarazioni e post su Facebook e Twitter di tutti i big del partito. È la certificazione di quanto i vertici del Pdl si sentano ormai da tempo sotto assedio. Con un Silvio Berlusconi che o tace o manda comunque segnali non univoci, sempre più convinto che per il Pdl sia ormai scaduto il tempo e che si debba pensare a qualcosa di nuovo. Qualcosa su cui lavora da mesi tenendosi aperte più strade.
E anche ieri, con la cenere che cominciava a posarsi dopo un giovedì ad alta tensione, l'apprensione era palpabile. Soprattutto dopo le due battute due che il Cavaliere si concede con i giornalisti lasciando il tribunale di Milano. «Per vincere bisogna essere uniti, ma si sta occupando di tutto Alfano», si limita a dire Berlusconi prima di aggiungere di essere ormai «uscito dalla scena». Parole che secondo Osvaldo Napoli sono una «scomunica» alla Santanché, ma che - seppure off the record - quasi tutti i big del partito leggono come l'ennesima presa di distanza. Della Lombardia, di Maroni, di un eventuale asse con la Lega e delle beghe su quando si voterà per la regione il Cavaliere non si starebbe dunque occupando. Un ragionamento che più che una delega in bianco ai vertici di via dell'Umiltà pare un modo per allargare quel solco con il partito che ormai tutti dentro il Pdl sentono sempre più profondo.
Ecco perché la partita che si giocherà fra una settimana in Sicilia può essere decisiva per il centrodestra anche in chiave nazionale. Dovesse vincere Nello Musumeci, infatti, Alfano avrebbe dalla sua due buone argomentazioni per ribattere allo scetticismo di Berlusconi. In primo luogo la vittoria nella «sua» Sicilia nonostante la corsa solitaria di Gianfranco Micciché che ancora ieri sparava bordate sul Pdl. Eppoi la sconfitta di Rosario Crocetta, primo vero esperimento sul campo della tanto discussa alleanza tra Pd e Udc. Un doppio successo che certamente il segretario metterebbe sul tavolo per convincere il Cavaliere ad andare avanti sulla via del rinnovamento del Pdl con tanto di appuntamento pseudocongressuale a dicembre per cambiare nome e simbolo. Per poi rilanciare il tentativo di agganciare un Pier Ferdinando Casini che forse - uscisse sconfitto dalla partita siciliana - potrebbe rivedere le sue posizioni sull'alleanza con un Pdl deberlusconizzato. A via dell'Umiltà, insomma, gli occhi sono puntati sulla Sicilia. Con qualche speranza visto che se i sondaggi ufficiali fanno registrare un too close to call, quelli riservati - anche del Pd - danno Musumeci in vantaggio di quattro punti su Crocetta.
Nell'attesa di sapere come finirà la partita per Palazzo dei Normanni il Pdl non si fa comunque mancare nulla. Se la Santanché rincara la dose e dice che il partito è «peggio della Dc» e che chi la accusa vuole in verità «rottamare Berlusconi», Alfano le risponde che il Pdl «non è di estrema destra» né «il partito di Le Pen». «Così ci condanna alla sconfitta», osserva Fabrizio Cicchitto.

Intanto in Lombardia la lotta interna per candidarsi alla successione di Roberto Formigoni sarebbe ormai entrata nel vivo (pare senza alcuna esclusione di colpi) mentre Alfano promette il repulisti dopo l'inchiesta per corruzione che ha coinvolto il coordinatore provinciale del Pdl di Milano Sandro Sisler. «Cacceremo dal partito i ladri, i rubagalline, i malfattori e i gaglioffi. Tolleranza zero».

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