Politica

Da animalista non sparo sui cacciatori

l dramma è che la natura è spietata: un tritacarne in cui i più deboli soccombono ai più forti

La svolta animalista impressa da Silvio Berlusconi - su sollecitazione di Dudù - alla politica di Forza Italia ha creato al partito qualche problema nei rapporti con i cacciatori. I quali si sono sentiti traditi e abbandonati dal vecchio amico ex Cavaliere, che li aveva sempre protetti e coccolati, non foss'altro perché la categoria, per quanto divisa in varie associazioni, è molto affollata - circa 800mila individui inseparabili dalla doppietta, cui va aggiunto l'indotto formato da armaioli, commercianti di articoli sportivi e familiari - oltre che compatta, avendo in comune l'interesse di essere protetta dagli attacchi periodicamente sferrati da chi è contro lo sterminio organizzato della selvaggina.
I cacciatori, per andare giù piatti, pretendono anzitutto di continuare a sparare e detestano chiunque tenti di impedirglielo. Cosicché quando si tratta di votare (per le politiche e per le europee, financo per le regionali), le loro scelte spesso - quasi sempre - sono influenzate dalla passione per la cosiddetta arte venatoria: danno la preferenza al partito (o ai partiti) che non minacci di disarmarli. Va da sé che essi costituiscano pertanto un bacino elettorale assai importante da cui pescare suffragi in quantità, a condizione che chi ambisca a «catturarli» garantisca di non vietare la caccia.
A occhio e croce, destra e sinistra finora si sono spartite equamente i voti dei «fucilieri» perché né la prima né la seconda hanno mai osato contrastare la venagione. Tant'è vero che i referendum indetti dagli animalisti per abolirla sono regolarmente falliti in quanto la politica, terrorizzata all'ipotesi di irritare i cacciatori, si è guardata dall'appoggiarli. Questo è un dato di fatto incontestabile. Ora, almeno in teoria, si cambia registro. Berlusconi si innamora di Dudù, splendido barboncino bianco che parecchi cretini prendono in giro solo perché vive ad Arcore, e capisce che la politica non deve trascurare le bestiole d'affezione; perciò raccomanda ai dirigenti di Forza Italia d'inserire nel programma la difesa - e la cura - di animali considerati da milioni di italiani componenti della famiglia e meritevoli di ogni attenzione.
Mi pare una bella cosa. Ma c'è un ma. Come si possono conciliare i sentimenti animalisti con l'attività venatoria? Sorge un conflitto. I cacciatori temono che la nuova linea di Forza Italia sia antitetica rispetto alla loro; e gli animalisti non concepiscono che un partito attento alle esigenze di cani, gatti eccetera sia tollerante con coloro che abbattono con piacere uccelli, caprioli, cinghiali eccetera. Difficile trovare un compromesso, ma non impossibile.
Cominciamo col dire che la caccia, se non se ne conoscono le regole, fa impressione perché il suo fine ultimo è l'uccisione di esseri viventi innocenti. Viene spontaneo dire: che divertimento c'è nel massacrare poveri volatili o mammiferi che non fanno male a nessuno? Ammetto: è un ragionamento superficiale. Il sovrappopolamento di certa selvaggina altera l'equilibrio ecologico, e la necessità di mantenere un'armonia nella natura, che consenta alle varie specie di sopravvivere, è invece incontestabile. Un esempio. I cinghiali si stanno moltiplicando in Italia a dismisura. Se ogni tanto non fosse autorizzata la caccia a questi suidi, capaci di riprodursi rapidamente, sarebbe un disastro per l'intero ecosistema.
Lo stesso dicasi per tutta la fauna che l'intervento (disciplinato) dei cacciatori è in grado di controllare affinché una specie non prevalga su altre, posto che l'ambiente nel nostro Paese, per troppi anni, è stato trascurato. Analizzando la storia si scopre che l'uomo per millenni è stato cacciatore per motivi meramente alimentari. Un tempo o catturava una preda o saltava il pasto. Adesso non è più così, è peggio. Per nutrirci ci siamo inventati gli allevamenti intensivi: povere bestie che nascono entro piccoli recinti, addossate le une alle altre, crescono senza un minimo di libertà, nella sofferenza più atroce e, infine, vengono uccise in modo ripugnante.
Il bestiame cosiddetto da carne non fa pena a nessuno. La gente mangia serenamente e con gusto bistecche, prosciutti e salsicce. Non si domanda da dove arrivino. Se ne frega che agnelli e capretti siano macellati per Pasqua, quando hanno solo poche settimane di vita, con una crudeltà che ferisce il cuore. Alcuni animali - pollame anzitutto - sono considerati cose, oggetti insensibili che è lecito sottoporre a sevizie. Non c'è anima buona che protesti nel vedere autocarri stipati di bovini o suini - magari sotto il sole di agosto - trasportati chissà dove per essere freddati.
Tanti orrori quotidiani passano inosservati sotto i nostri occhi offuscati dall'indifferenza, ma se un cacciatore fulmina un fagiano o una beccaccia ci scandalizziamo e invochiamo di eliminare l'uccellagione.
Siamo incoerenti. Il maialino si può sgozzare e arrostire: la coscienza non rimorde. Guai però se stecchisci un tordo con i pallini di una cartuccia: sei un boia. Siamo un po' stupidi. Meglio un cacciatore o un macellaio o un pollivendolo? È legittimo decimare i piccioni che fanno la cacca sulle guglie del Duomo di Milano, ma è vietato riempire il carniere di fringuelli. Ciò non è irrazionale?
Non assolvo coloro che godono a premere il grilletto. Ma se li condanno devo condannare pure i pescatori: forse anche le sogliole e i branzini piangono quando finiscono nella rete o uncinati dall'amo. Il dramma è che la natura è spietata: un tritacarne in cui i più deboli soccombono ai più forti.
L'uomo è cattivo, però gli piace atteggiarsi a buono. Non toccate il mio gatto e il mio cane.

Li amo come figli.

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