Una regola fissa in guerra è che fuoco chiama fuoco, quando si spara si sparerebbe, quando ci sono molti morti e feriti si cerca più sangue, le armi sono un magnete per nuove invenzioni belliche, e ciascuno degli attori approfitta per crearsi spazio mentre pretende di giuocare per la pace. Finché la realizzazione plastica dell'inferno su questa terra non conduce allo shock e alla rottura. Ci stiamo forse arrivando. Potrebbe accadere dopo che la follia siriana si sarà assommata (...)
(...) alla nostra. È in atto una corsa alle armi, le nostre armi, in un'area dove i contendenti danno solo la garanzia di usarle con crudeltà, in preda a dinamiche incontrollabili, in cui ad Assad, oltre al gruppo affidabile dei ribelli, fa da contraltare un'organizzazione qaedista come Al Nusra, campione nell'arraffare tutto quello che spara, taglia, esplode.
Non se ne rende conto forse, la flebile e frastagliata Unione Europea i cui i ministri degli Esteri, dopo 12 ore di discussione lunedì, hanno deciso di non rinnovare l'embargo sulle armi agli insorti dal primo giugno. Chi fa capire di voler fornire armi per ora sono l'Inghilterra e la Francia. Troppo poco per funzionare come decisione dirimente, troppo per aiutare una soluzione alla prossima conferenza di Ginevra. La ministra degli Esteri italiana Emma Bonino ha fatto bene a dire che «non si tratta del momento più glorioso per l'Europa»: è molto difficile capire come le nostre armi (quali, quante?) possano davvero aiutare a distruggere il regime di Assad senza crearne un altro altrettanto sanguinoso.
Ci voleva coraggio (e il principale confusionario è Obama) alle prime stragi, le armi dovevano arrivare in tempo e nelle mani giuste. E prima che la Russia prendesse le parti di Assad con la promessa di un carico di armi più letali, i famosi missili S300. Assad dice che sono già nelle sue mani, molti sostengono che non sia vero, altri che comunque, se anche fossero già a Damasco, ci vorrebbero mesi prima di padroneggiarli. Eppure.. forse ci riuscirebbero rapidamente gli Hezbollah, il ben allenato gruppo sciita libanese terrorista che ha mandato ad Assad 7000 uomini militarizzati ai massimi livelli. I ribelli li odiano tanto che Salem Idriss, un capo militare ha dichiarato che «li inseguirà fino all'inferno», i libanesi sono orripilati di essere stati trascinati in questo disastro, anche Hamas si scontra col gruppo. Ma Nasrallah ha dietro l'Iran e anche la Russia, e mentre i nemici balbettano, lui minaccia tutti. Da poco ha detto chiaro che la vittoria di Assad è la premessa della sopravvivenza degli Hezbollah, svolta drammatica che proclama la presa iraniano-siriana sul Libano. E se i sunniti li attaccano fin dentro Beirut, Assad cerca di compensarli: gli S300, che sfacciatamente il ministro degli Esteri russo Lavrov seguita a definire missili da difesa, potrebbero passare in parte nelle mani di Nasrallah. Certo, Israele ha già dichiarato che se gli S300 dovessero arrivare dalla Russia, saprà cosa fare, ovvero, si può arguire, li distruggerà.
La risposta di Assad è stata inusitata: potrei lasciare che gruppi di resistenza, palestinesi e Hezbollah, attacchino Israele dal Golan come mi chiedono. È la prima volta che il regime siriano si avventura fin qui: il Golan è una terrazza di valore strategico dirimente, un'area tranquilla ormai da 40 anni, certo i missili S300 non ci starebbero bene. Israele può distruggere i missili ma i russi potrebbero irritarsi molto, dato che attribuiscono alle loro creature un valore strategico, per loro «garantiscono stabilità regionale contro le teste calde che vogliono intervenire in Siria». Considerazione acrobatica per chi ha sostenuto per anni e con accanimento che i missili difensivi americani dispiegati nell'Europa Orientale mettono a rischio la stabilità. Qui invece la garantiscono!
segue a pagina 13
di Fiamma Nirenstein
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