Aventino Pdl: stop ai lavori delle Camere

RomaÈ una giornata ad altissima tensione quella che si vive nei gruppi parlamentari del Pdl. Ore di fuoco in cui la liturgia classica del dibattito interno viene sconvolta insieme alle consueta divisione tra estremisti e pontieri, tra falchi e colombe. La decisione della Cassazione sul caso Mediaset semina rabbia, indignazione, stupore. E ventiquattro ore dopo i sentimenti sono, se possibile, ancora più inaspriti.
La mattinata inizia con i vertici del Pdl che chiedono tre giorni di sospensione dei lavori, in Aula e nelle Commissioni, per decidere come muoversi. «Abbiamo bisogno di tempo per una riflessione politica» è la linea degli azzurri. In conferenza dei capigruppo Renato Brunetta spiega che, arrivati a questo punto, bisogna «valutare la situazione». Gli fa eco dal Senato Renato Schifani: «Da parte nostra non c'è alcuna volontà di bloccare il Parlamento ma dobbiamo riflettere». Richiesta che inizialmente viene respinta dal Pd. L'intesa viene trovata su un solo giorno di stop. Per lo stesso motivo il Pdl chiede e ottiene il rinvio della riunione della cabina di regia e del vertice di maggioranza di oggi. Non passa, quindi, la linea estrema dell' Aventino a oltranza, pare dopo una consultazione diretta con Silvio Berlusconi. E viene anche deciso di non far saltare il question time che vede protagonista in aula alla Camera Enrico Letta.
Nel Pd i malumori per la sospensione - per evidenti ragioni tattiche - si annidano tra i renziani. «Abbiamo fatto un governo con il Pdl per approvare riforme non per condividere le grane giudiziarie del suo leader» dicono i senatori Laura Cantini, Mauro Del Barba e Mario Morgoni. Una posizione che fa scattare la replica di Massimo Parisi del Pdl. «La posizione dei renziani la dice lunga su cosa intenda Renzi quando parla di sostegno leale all'amico Letta. Renzi morirà di tattica». Tanto più ricorda qualcuno a Via dell'Umiltà, che quando ci fu la Direzione Nazionale del Pd, i lavori parlamentari vennero sospesi. Il Pd, però, ha il problema dei grillini che li sfidano sul tema dell'antiberlusconismo e fanno scoppiare la bagarre in aula, togliendosi giacca e cravatta per protesta per la decisione di sospendere i lavori.
Schermaglie a parte tra i due principali partiti della maggioranza, il Pdl tiene alta la guardia e valuta tutte le possibili opzioni. Compresa quella delle dimissioni di massa, confermata in serata da Nitto Palma. La linea prevalente è quella di non procedere a una accelerazione verso la crisi di governo. E c'è un dubbio che emerge nei vari interventi: mettere in campo subito iniziative forti - lo chiedono Denis Verdini e lo stesso Nitto Palma - oppure concentrare l'azione nelle ore a ridosso della sentenza. «Qualunque scenario di rottura può essere preso in considerazione solo dopo che avremo disinnescato l'Iva e bloccato definitivamente l'Imu» spiegano. Non c'è dubbio, però, che in caso di condanna definitiva a fine mese ogni ragionamento potrebbe saltare. «Ieri c'è stato un segnale chiaro: il tentativo di travisare la nostra storia» dice Angelino Alfano. «Una sentenza penale non è un atto solo giuridico. La mia rabbia, la mia indignazione derivano dal fatto che si vuole raccontare la storia di un uomo che non è quella dell'uomo che conosco e in cui credo da venti anni. C'è un'incalcolabile differenza».

Un sentimento di «assedio» condiviso da Schifani. «Sono preoccupato, oggi più di ieri: c'è qualcosa che si avvita in un cerchio finale per colpire Berlusconi. Diamo la nostra disponibilità per tutte le iniziative necessarie a fermare questa deriva».

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