Estremo gesto di responsabilità: Berlusconi fa un passo indietro sui nomi e dà il suo nulla osta. Ma pretende rassicurazioni su Imu e calo delle tasse. Il governo nasce dopo un travaglio lungo e tormentato e fino all'ultimo Berlusconi tratta con il coltello tra i denti. Nell'esecutivo vuole Brunetta, volto economico del Pdl, come garanzia che si attuino politiche liberiste fatte di tagli alla spesa pubblica e calo delle tasse. A questo proposito, di buon mattino, il Cavaliere si presenta al faccia a faccia con Enrico Letta a Montecitorio, accompagnato da Angelino Alfano e Gianni Letta. A dimostrazione che il Cavaliere intende battagliare sul suo ex ministro una gag su SkyTg24. Una cronista compone il numero del capogruppo pidiellino per avere una battuta sulla polemica innescata da Dario Fo ma risponde il Cavaliere: «Stavamo provando - dice scherzato il leader del Pdl - le scale, i seggiolini, i tavolini anche. E poi c'era anche una gomma di rimbalzo che poteva essere opportunamente usata».
Al di là delle battute, Berlusconi fa l'estremo tentativo in due ore e mezza di colloquio, a tratti teso. «I miei non riuscirebbero a votare un governo con dentro Brunetta», lo mette in guardia il premier incaricato. Il Cavaliere insiste. In tarda mattinata circolano voci che Berlusconi ce l'abbia fatta: Brunetta al Welfare, sacrificati Schifani e Lupi, e come ministri donne, Bernini, Lorenzin e Carfagna. «Nessun ex ministro vostro ad eccezione di Angelino», intima Letta jr. La trattativa sta quasi per saltare. «Allora riapriamo la questione ministero Giustizia», prova a dire il Cavaliere. Si discute animatamente. Il premier incaricato fa presente che nessuno dei suoi uomini ha dicasteri pesanti ma sa che deve concedere qualcosa alla controparte per cui promette di prendere seriamente in considerazione il punto programmatico che sta più a cuore al Cavaliere: abolizione e restituzione dell'Imu sulla prima casa. Il Cavaliere riflette. Pare un accordo al ribasso ma sul negoziato pesa la parola data da Berlusconi a Napolitano. «Il governo si deve fare. E sia». Enrico Letta tira un sospiro di sollievo. Potrà sciogliere la riserva e presentarsi al Colle alle 15.
Brunetta non è in squadra e alle agenzie rilascia una dichiarazione soft: «Auguri di buon lavoro al governo presieduto da Enrico Letta». Questo in chiaro. Tuttavia l'ex ministro berlusconiano dietro le quinte attacca: «O Letta prende solennemente l'impegno di abolire l'Imu o io mi dimetto e non voto questo governo». Insomma, sotto la cenere cova il malumore che fa presagire, all'esecutivo che sta per vedere la luce, una vita decisamente tormentata. Ma come Brunetta la pensano in molti. «Dieci ministri del Pd, sei nostri e nessuno in dicasteri economici. Nel gruppo c'è malumore. Molto malumore. E lunedì è difficile che tutto fili liscio», avverte un deputato pidiellino.
In ogni caso, dopo il summit con Letta, Berlusconi esce da Montecitorio e si infila a palazzo Chigi per un breve incontro con Monti. «Sono fiducioso», conferma. Quindi fa rientro a palazzo Grazioli dove incontra i big del partito tra i quali Verdini, Schifani, Fitto, Gasparri, Cicchitto e Santanchè. Al Tg5 spiega: «Abbiamo trattato per la formazione del governo senza porre alcun paletto, senza impuntarci su nulla, escludendo persone che fossero ministri in precedenti governi. Così abbiamo contribuito a fare un governo in poco tempo».
Il Cavaliere veste i panni della colomba. Al di là degli uomini contano le azioni e da domani ci sarà da battagliare sui provvedimenti a palazzo Chigi. È su questo che non si faranno sconti, consapevoli che la partita sarà complessa.
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