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Berlusconi: "Imu addio, ora il premier deve farla digerire al Pd"

Berlusconi non forza i tempi ma assicura: "Manterremo l’impegno, sono fiducioso sia sull’abrogazione sia sulla restituzione"

Berlusconi: "Imu addio, ora il premier deve farla digerire al Pd"

Berlusconi sull’Imu non molla ma non affonda. Arrivando in Senato per votare la fiducia al governo Let­ta­torna a sventolare la sua ban­diera: «Sono fiducioso sia sul­l’abrogazione della tassa sulla prima casa sia sulla restituzio­ne in futuro », dice. Quindi pun­tualizza: «Non potremmo pren­dere parte a un governo che non attui queste misure né po­tremmo sostenerlo dall’ester­no. Abbiamo preso un impe­gno con gli elettori e vogliamo mantenerlo». Naturalmente la minaccia na­sce da un equivoco di fondo: il Pd ha dato l’ok al congelamen­to della rata di giugno ma non al­la cancellazione né, tantome­no, alla restituzione della tassa. Quindi? La soluzione del rebus è rimandata più in là; prima oc­corre far nascere l’esecutivo. Nell’attesa di una soluzione,en­trambi gli schieramenti resta­no fermi sulle proprie posizio­ni, a beneficio dei rispettivi elet­torati. Il Cavaliere in privato confessa ai suoi, al di là dell’av­vertimento riguardo al manca­to appoggio al governo: «Dia­mo tempo a Letta di far digerire al suo partito la cancellazione dell’Imu». Insomma, in chiaro si mostrano gli artigli ma dietro le quinte i toni sono ben più pa­cati. Premere troppo sull’acce­leratore non conviene ed è pre­maturo sventolare in faccia al­l’avversario il trofeo del colpo di bianchetto alla tassa sul mat­tone. Un passo alla volta. Certo, la strada è in salita e ir­ta di ostacoli. Appena la sinistra mette in dubbio che si possa fa­re qualcuno degli otto punti dei pidiellini, parte la contraerea dei falchi del Pdl. «Così non va, così il governo non dura molto, così si parte zoppicando», av­verte qualche pidiellino più du­ro. Che al Cavaliere lo dice chia­ro: «Silvio, attento al trappolo­ne ». Non solo. Sulla questione dell’alleggerimento del carico fiscale c’è il rischio che dal mini­stero dell’Economia arrivino dei niet , evocando le casse vuo­te; c’è il timore che la sinistra più radicale si metta di traverso pur di non votare il cavallo di battaglia berlusconiano. Ma tant’è.
Ora il Cavaliere ringhia ma tiene il profilo basso nei fatti e contribuisce ad accendere il motore del governo Letta. La priorità è la battaglia in Europa, da combattere fianco a fianco al Pd, per piegare le resistenze della Merkel sul tema dell’au­sterità. «Berlino deva capire che il Paese intero è unito con­tro l’egoismo tedesco», dice. C’è la consapevolezza che non sarà un combattimento facile visto che la Cancelliera ha le ele­zioni alle porte e al suo elettora­to non vuole dimostrarsi molle nei confronti dei Paesi spendac­cioni come il nostro. La questio­ne Europa è centrale: è legata a filo doppio al programma fisca­le del neonato governo. Qualo­ra riuscissimo a strappare un po’ più di tempo per raggiunge­re il pareggio di bilancio, pur ri­spettando i saldi strutturali, le risorse per abbassare le tasse ci sarebbero eccome.
Il patto delle larghe intese, quindi, regge nonostante le dif­ferenze e le diffidenze tra Pdl e Pd. Anche perché la strategia berlusconiana tiene conto del­la Convenzione per la riforme, sorta di bicamerale che deve ri­voluzionare l’assetto istituzio­nale dello Stato. Il Cavaliere punta a guidarla e mentre entra a palazzo Madama ci scherza pure su: «Se mi ci vedo bene alla guida? Certo che sì. Sono sem­pre il più bravo in tutto». Una battuta che rivela come l’ex pre­mier tenga a guidare l’organi­smo che di fatto lo eleverebbe a padre della Terza Repubblica, qualora i suoi lavori giungesse­ro a traguardo.
Dopo la fiducia al governo Letta, il Cavaliere parte quindi per Arcore per un giorno di ripo­so. Riposo relativo: in queste ore il suo telefono è rovente.C’è un esercito di pidiellini inten­zionato a non rimanere fuori dalla partita delle nomine. L’ex premier risponde a molti, qua­si a tutti: «Lo so, lo so. Ma abbia­mo soltanto 12- 15 posti mentre mi sono già arrivate più di 50 candidature».

Vorrebbe pre­miare tutti ma sa che non si può fare per cui in molti casi dirotta le aspettative sul groppone di Verdini: «Chiedete a lui: della cosa se ne occupa Denis».

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