Agitazione, preoccupazione, incertezza. Mentre Berlusconi atterra a Mosca per festeggiare i 60 anni di Putin, il Pdl prova a ritrovare se stesso e cerca disperatamente di darsi una prospettiva che non sia quella del totale azzeramento, idea che ormai da mesi accarezza il Cavaliere.
Così, dopo lo strappo di questi ultimi giorni - con Berlusconi e i vertici di via dell'Umiltà mai così distanti - è tutto in spasmodico movimento, nel tentativo di lanciare quel rinnovamento del partito di cui tanto si parla. Lanciarlo però dall'interno, in modo da poterlo in qualche modo «gestire» e non solo subire. E già, perché se mai l'ex premier decidesse di far tutto da solo, lasciare il partito e battezzare un nuovo movimento allora sì che sarebbero in molti a restare senza più una parte in commedia. Ecco una delle principali ragioni del fermento di queste ore, a parte - ovviamente - che la guerra di posizione in vista delle prossime liste elettorali è ormai iniziata e i colpi bassi già non si sprecano. Così, mentre Berlusconi è in Russia nel Pdl scoppia la sindrome da grafomania. Con tutti a buttar giù manifesti, contromanifesti e carte programmatiche, fino ad arrivare ai banali comunicati stampa da mandare alle agenzie che ieri - per essere una domenica - erano decisamente intasate dalle dichiarazione. Una sorta di isterismo collettivo che ci vorrebbe un camion di Lexotan...
I primi ad uscire allo scoperto sono Quagliariello, Sacconi, Gelmini, Gasparri, Formigoni e Alemanno che sottoscrivono un «Manifesto per la Nazione» di stampo neocon per strizzare l'occhio al mondo cattolico. Gli replica a stretto giro Cicchitto che loda l'iniziativa dei colleghi e annuncia «un altro manifesto d'impostazione riformista e liberal socialista» che scriverà insieme a Brunetta e Cazzola. Non scrive invece Tremonti che da Riccione lancia il suo movimento 3L: «Il responsabile della crisi è Berlusconi perché ha sabotato le mie ricette». Di manifesto, però, c'è pure «L'Italia chiamò» promosso dai Formattatori. «È tutto un fiorire di liste e iniziative che sanno di muffa», dice il trentaduenne sindaco di Pavia Cattaneo. Che affonda: «Il Pdl è allo sbando e il popolo di centrodestra aspetta nuove micce».
Niente manifesti, invece, per Alfano. «Siamo pronti a unire tutti i moderati italiani - dice ai microfoni del Tg5 - perché il Pdl non lascia il campo, ma va oltre e si propone di costruire qualcosa di più bello e più grande». L'idea, insomma, è quella di unire coloro che dicono no al «governo Bersani-Vendola-Di Pietro». Casini e Fini compresi. Il problema, però, è lo stesso sollevato mercoledì scorso nel vertice di Palazzo Grazioli: non sono disponibili, anche nel caso in cui Berlusconi decida di fare il regista e non la prima punta. Ecco perché quasi certamente le parole di Alfano non spostano di un millimetro il dibattito dentro il Pdl e il centrodestra. Se non, forse, per l'indiretto invito al Professore a presentarsi alle elezioni: «È difficile avere il governo Monti se non deciderà di candidarsi». Già, perché l'ipotesi di un Monti bis Berlusconi non la scarta affatto. Lo conferma anche Briatore, che ha ospitato il Cavaliere nel suo resort a Malindi. «Su Monti io e Berlusconi abbiamo la stessa opinione. Se si candidasse alla guida dei moderati - dice all'Huffington Post - potrebbe vincere e lo voterei». Insomma, mentre Berlusconi non si cura affatto del Pdl tanto che tornerà dalla Russia domani e sarà a Roma solo mercoledì (forse), a via dell'Umiltà il caos regna sovrano.
Al punto che in un momento tanto delicato e con il partito che s'interroga su come rilanciarsi i due volti televisivi del Pdl sono De Romanis (il consigliere regionale passato all'onore delle cronache per la festa in maschera a Roma) e la Minetti. Eloquente il tweet di Corsaro: «Oggi si discute su come ridare contenuti al Pdl e la principale tv del Capo ospita DeRomanis e Minetti. Tafazzismo o sabotatori?».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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