BERSANI, CHE BOTTA

Era nell'aria da tempo, ora è nei fatti: la Procura di Monza ha chiesto il rinvio a giudizio di Filippo Penati, consigliere regionale della Lombardia, ex sindaco di Sesto San Giovanni, ex presidente della Provincia di Milano, ex capo della segreteria politica di Pier Luigi Bersani. Le accuse: corruzione, concussione e finanziamento illecito ai partiti. Le vicende cui esse si riferiscono sono note: un presunto giro di tangenti sulle aree ex Falck e Marelli. Attenzione: anzitutto, non è sicuro che la richiesta di rinvio a giudizio venga accolta dal Gup e, quand'anche lo fosse, non significherebbe che l'imputato sia colpevole. Rimarrebbe da celebrare il processo, che Penati ha annunciato di volere con rito abbreviato, convinto di avere argomenti difensivi per essere scagionato.
Detto ciò, questa è comunque una brutta botta per il Partito democratico. Ovvio. Siamo già in piena campagna elettorale e un giudizio pendente sul capo di un esponente dei progressisti non giova a Bersani (impegnato anche nelle primarie contro Matteo Renzi, il rottamatore), del quale, come ricordato, Penati era un uomo di fiducia. Il susseguirsi di scandali e ruberie danneggia la reputazione di tutti i partiti e alimenta l'antipolitica, favorendo i movimenti che interpretano, amplificano e cavalcano la protesta dei cittadini. Nel caso in questione, bisogna sottolineare che la ricaduta negativa sul Pd è particolarmente grave per una ragione: gli ex comunisti avevano sempre rivendicato la loro diversità, vantando un'onestà che non poteva essere messa in discussione, alla quale (...)

(...) però, adesso, non crede più nessuno.
La sensazione della gente è che l'intero arco costituzionale sia ricco di mele marce, di persone intente a difendere i propri privilegi, a sperperare denaro pubblico e a intascarne spudoratamente. Cosicché anche i democratici dovranno fare i conti con l'ostilità di parecchi elettori verso qualsiasi partito sospettato di scorrettezze. Sarà imbarazzante per il segretario del Pd presentarsi in televisione nei panni del moralizzatore, sapendo di avere un suo stretto collaboratore alle prese con un probabile rinvio a giudizio per corruzione e concussione. E sarà difficile per il leader persuadere il popolo che il Pd è ancora «diverso». Diverso da chi e in che cosa?
Come farà Bersani a sollecitare le dimissioni di questo o di quel politico avversario coinvolto in inchieste giudiziarie, quando la stessa sinistra ha propri esponenti inguaiati per motivi analoghi? E il pensiero corre a Nichi Vendola, governatore della Puglia, a Vasco Errani, governatore dell'Emilia Romagna, al quale, a titolo di incoraggiamento, è stato affidato il ruolo di commissario per le zone terremotate; e trascuriamo Luigi Lusi, promosso novizio nel monastero di Santa Maria dei Bisognosi, a Pereto, sui monti abruzzesi, allo scopo di farlo uscire di galera.
Situazione pessima tanto per uno schieramento quanto per l'altro. Corruzione e furti dilagano al centro e alla periferia. Si scopre che le Regioni sono più voraci delle Camere. Dovunque si posi lo sguardo si notano ladruncoli che profittano della loro posizione per arraffare quattrini. Fanno impressione le cosiddette cene di lavoro: pare che i politici non aprano bocca se non per divorare aragoste e bere champagne. Il rutto ha soppiantato il dibattito. La trattoria ha sostituito l'aula e la sezione. I convegni gastrosessuali sono finanziati con fondi destinati alle attività dei consiglieri sul territorio. Un consigliere della Regione Piemonte ha giustificato i 37mila euro incassati nel 2011 per rimborsi chilometrici e indennità di missione dicendo che lui, poveretto, si sbatteva tra una sagra paesana e l'altra. Non occorre una campagna elettorale, ma una campagna vera dove mandare a lavorare - con la vanga - migliaia di parassiti bipedi e senza dignità.

segue a pagina 3

Della Frattina e Fazzo alle pagine 2-3

di Vittorio Feltri

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