Bersani nasconde la verità Altro che riscossa rossa: il Pd va male in tutta Italia

Bersani nasconde la verità Altro che riscossa rossa: il Pd va male in tutta Italia

RomaLe analisi del voto, il segretario del Pd se le è fatte fare dai suoi esperti ma non le ha lasciate circolare nel partito, si è limitato a illustrarle ieri sera a porte chiuse al gruppo dirigente, nella prima riunione post-elettorale del Coordinamento.
Tra i parlamentari girava però fin dal pomeriggio la rilevazione dell’Istituto Cattaneo, che dà più di un motivo di preoccupazione all’unico partito che lunedì ha cantato vittoria e che - secondo la prima pagina dell’Unità ieri - è rimasto «solo tra le macerie». I conti sulle percentuali (fatti dal Pdl) attribuiscono al partito di Bersani una quota ancora ben lontana dal fatidico obiettivo del 30%: il Pd avrebbe raccolto a livello nazionale un 26% di voti, suddiviso tra le liste civiche di diretta filiazione e il simbolo ufficiale. Ma i conti dell’Istituto Cattaneo, fatti sui voti veri, rilevano una perdita consistente rispetto alle regionali del 2010: 91mila voti in meno, pari al 29% dell’elettorato che lo aveva scelto due anni fa. Le perdite sono assai più alte al Nord e nelle zone rosse (30%), dove la fuga verso l’astensionismo e i grillini è stata più consistente, che al Sud (20%). Tra i potenziali alleati, Di Pietro se la passa molto peggio: nella classifica generale, è secondo solo alla Lega per entità del tonfo, con il 58% di elettori in meno (-55mila in totale). All’ex pm, insomma, Grillo ha succhiato l’anima. Quanto a Vendola, Sel crolla a Sud (- 48%) ma cresce a Nord e nelle zone rosse (+7%).
Il quadro complessivo quindi dà da pensare: sul governo e la sua durata, sul sistema elettorale da preferire, e sulle alleanze da costruire. E non è un caso, forse, se oggi il Pd ha organizzato al Pantheon una manifestazione di festeggiamenti, sì: ma per il voto francese, non quello italiano. Come non è un caso che Di Pietro sia subito tornato alla carica invitando Bersani a «uscire in fretta allo scoperto» e firmare un’alleanza elettorale con lui, minacciando: «Non aspetterò in eterno». Minaccia che fa alzare le spalle al Pd, consapevole che è l’ex pm ad avere bisogno di una zattera cui aggregarsi. D’Alema anzi lo tratta dall’alto in basso: «Se Di Pietro continua a polemizzare con noi rende impossibile ogni collaborazione». Traduzione: Idv non può pensare di cercare consensi attaccando tutti i giorni il governo e chi lo sostiene, e poi pensare di allearcisi. Se abbassa i toni e stipula una tregua, ci si può pensare. D’altra parte, fa notare Paolo Gentiloni, «i partiti che perdono di più sono proprio quelli più anti-Monti, come Lega e Idv». Sia Bersani che D’Alema escludono ogni tentazione di abbandonare la navicella del governo, ben sapendo che il Pd si spaccherebbe su una scelta del genere. Ma il segretario Pd ha bisogno di incassare qualcosa in cambio del restare unico architrave della maggioranza: l’asse politico va spostato a sinistra, Monti deve seguire l’Hollande che oggi verrà celebrato al Pantheon.

Ma a preoccupare il Pd c’è l’instabilità che verrà prodotta dalla crisi del Pdl, che creerà un Vietnam parlamentare per il governo: «Se Monti si fa bloccare e arriva a pezzi al 2013, noi pagheremo un prezzo di consensi troppo alto», dice un dirigente.

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