A l quartier generale del Pd si sono resi conto che sarà dura portare a Roma, in un caldo weekend di mezzo luglio, i mille membri dell'Assemblea nazionale, convocata per sabato. Non a caso si è deciso l'altro giorno di spostarla dalla Fiera di Roma al più ristretto salone delle Fontane dell'Eur. Le molte assenze che si annunciano rischiano di rendere più incerto il voto sugli ordini del giorno più controversi già annunciati. Pippo Civati, Andrea Sarubbi, Debora Serracchiani e Salvatore Vassallo sono pronti a tornare alla carica, chiedendo primarie per la scelta dei candidati al Parlamento e un limite rigoroso di tre mandati per deputati e senatori. All'ultima riunione dell'Assemblea, lo scorso gennaio, Bersani aveva pregato di accantonarli, in attesa della mitologica riforma del Porcellum, stavolta però i promotori promettono di non demordere. E difficilmente gli ordini del giorno sarebbero bocciati da una platea non blindata, cosa che allarma non poco lo stato maggiore.
Ma non è certo l'unica nube nel cielo Pd. Ieri, per dirne una, correva voce nel Palazzo che nella Procura di Roma (dove continua il via vai di dirigenti della ex Margherita interrogati come persone informate sui fatti, da Franceschini a Letta a Fioroni alla Bindi) ci sarebbe tensione tra due scuole di pensiero: quella che vorrebbe iscriverli tutti sul registro degli indagati, e quella che invece frena. Non si sa chi la spunterà, ma certo il fantasma di un raffica di avvisi di garanzia a dirigenti del Pd non lascia tranquilli i vertici.
Poi ci sono le partite politiche aperte, a cominciare dal dossier legge elettorale. Ieri Bersani è stato convocato al Quirinale da Napolitano, che segue con attenzione i conati parlamentari della riforma. Il segretario Pd fa muro su due questioni: le preferenze, chieste da Pdl e Udc (ma ben viste anche da ampi settori del Pd) e quella del premio di maggioranza al primo partito. Bersani insiste invece per il premio di coalizione, il che è singolare visto che per i sondaggi a beneficiare del bonus alla lista sarebbe proprio il Pd, che potrebbe avere un 10-15% di seggi in più. C'è chi spiega questa resistenza col fatto che il leader spera di costringere sia Sel che l'Udc a coalizzarsi, e chi sostiene che sia una promessa fatta alla fantomatica «lista Repubblica», che vorrebbe beneficiare del premio, fatto sta che per ora i veti incrociati bloccano tutto e Napolitano è preoccupato.
Poi c'è lo scontro sul governo Monti. Ieri l'inarrestabile Stefano Fassina, responsabile economico Pd, ha praticamente dato del golpista al premier: «Il governo Monti ci sta avvitando in una involuzione economica ed anche democratica», ha tuonato. Facendo imbufalire l'ala filo-montiana del partito: «Fassina smentisca», gli intima Vinicio Peluffo. Sarcastico Roberto Giachetti: «Involuzione democratica? Il sole picchia, date un ombrellone a Fassina!». Intanto però Bersani si schiera con la Cgil in difesa del totem della concertazione, messo in mora dal governo. Mentre Matteo Renzi, sempre più calato nei panni dello sfidante per le primarie, apre ai «Quindici» Pd che hanno chiesto al partito di adottare «l'agenda Monti» per la prossima legislatura: «Un ottimo punto di partenza». Sarà il sindaco di Firenze, e il suo duello (con molto fair play) col segretario, il pezzo forte dell'Assemblea di sabato.
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