Cadono pezzi dal Carroccio e pure l'Emilia diventa infelix

In Lombardia fa la voce grossa, ma sotto la linea Maginot delle fortificazioni padane, Bobo Maroni non può dirsi tranquillo. A Reggio Emilia, capitale del Carroccio emiliano e quartier generale di Angelo Alessandri (nella foto) , proconsole bossiano nella rossa Emilia Romagna, il conto dei fuoriusciti in soli sei giorni è salito già a sette. E sono nomi che pesano: ci sono consiglieri e persino un sindaco, che si vanno ad aggiungere agli altri che sparsi qua e là per la regione se ne sono andati o sono stati cacciati a suon di querele, lotte fratricide e inchieste. «È finita un'epoca», lamenta Alessandri, da poco ex segretario nazionale e presidente federale.

Lui, che creò il mito dell'Emilia felix ad uso padano, portando la Lega dal 2% al 18% ammette di non sapere se resterà: accusa Maroni di concentrarsi solo sulle regioni governate: Lombardia, Veneto e Piemonte. Eppure solo due anni fa Umberto Bossi chiamava l'Emilia una terra promessa. Ma anche qui di acqua ne è passata, sotto il Po. E chissà quanta ne dovrà passare...

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