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Caro Gianfranco, i fascisti sputano Berlusconi no

Con Gianfranco Fini ho un contenzioso aperto che già mi disturba e non vorrei che le mie parole fossero equivocate e inasprissero ulteriormente i nostri rapporti. Desidero soltanto dirgli che l'episodio di lunedì, nella circostanza del funerale di Pino Rauti, mi ha turbato ma non stupito. Non più di tanto perché sono abbastanza vecchio per ricordare come agivano i fascisti nel '68 e dintorni, e abbastanza giovane per non aver visto all'opera i loro genitori nel ventennio del Duce (sì, maiuscolo), ma ne conosco le imprese.
Mi pare che tra le due generazioni ci sia una continuità di comportamenti non lodevole. Cosicché, quando il presidente della Camera è giunto in chiesa per assistere alle esequie del famoso camerata, ed è stato accolto nel modo che ho potuto constatare in tivù, ho avuto la conferma dei miei sospetti: i fascisti cambiano la camicia, ma non perdono il vizio neppure se indossano quella bianca, che è di moda.
Dal che si deduce: l'ex segretario del Msi, poi (...)

(...) presidente (nonché fondatore) di Alleanza nazionale, fece benissimo a suo tempo a prendere le distanze da loro e a tentare di dar vita a un partito aperto alla modernità, non violento, educato, amico di Israele e del popolo ebraico, non ostile agli omosessuali: insomma un partito normale, rispettoso dell'etichetta democratica, in grado di confrontare le proprie idee con quelle altrui.
Credo, inoltre, che Fini avesse scelto la strada giusta, nel 2008, unendosi a Forza Italia per dare corpo e sostanza al Pdl. L'errore semmai è stato quello di contrapporsi con astio a Silvio Berlusconi senza tentare di trovare un'intesa, ciò che ha provocato non solo una rottura tra i due, ma anche la rovina del centrodestra del quale, ora, Gianfranco sarebbe stato il leader indiscusso. Un vero peccato che questi e il suo rivale non siano riusciti ad accantonare i loro livori: per avere tutto, hanno distrutto tutto, anche se stessi.
Il Cavaliere ha i propri torti, ma converrà, Fini, che tra i propri contestatori al funerale di Rauti non c'era neanche un esponente di quanto è rimasto del Pdl. Le urla e gli sputi (per tacere degli insulti) sono venuti soltanto dei camerati di risulta. I berlusconiani non saranno capaci di menare il torrone in politica, ma nemmeno di menare le mani. Non fosse che per questo, la terza carica dello Stato li dovrebbe apprezzare e forse rimpiangere.

segue a pagina 10

di Vittorio Feltri

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