Il segnale è arrivato forte e chiaro. Ed è quello di un Cavaliere che, nonostante il pressing dei big del partito e l'avvicinarsi della data fatidica del 10 aprile, continua a tirare dritto per la sua strada. Al punto di cedere finalmente sulla nomina del tanto agognato ufficio di presidenza, ma rendendolo di fatto un organismo che difficilmente prenderà davvero decisioni operative. Con 30 membri effettivi più 37 aggregati che, pare, non dovrebbero avere diritto di voto, il direttorio licenziato lunedì sera da Silvio Berlusconi ha causato solo e soltanto mal di pancia a non finire. In Forza Italia, infatti, sono tutti scontenti: chi è tra gli effettivi perché l'organismo è troppo allargato e «ci sono cani e porci»; chi è tra gli aggregati perché si sente in serie B, tanto che in molti, mano allo statuto del partito, già sostengono che non esistono membri senza diritto di voto e dunque sono anche loro effettivi. C'è, poi, chi è rimasto fuori da tutto e qualcuno di loro è piuttosto battagliero se sostiene che la nomina dell'ufficio di presidenza può essere impugnata perché non soddisferebbe i criteri previsti dallo statuto di Forza Italia. Insomma, un vero e proprio caos.
Di cui, però, il Cavaliere si cura fino ad un certo punto. D'altra parte, la decisione di dare il via libera a un ufficio di presidenza così strutturato non è certo casuale. È un modo, invece, per ribadire che non ha alcuna intenzione di farsi imbrigliare dal partito. Visto che mi accusate di non decidere è il senso del suo ragionamento vi dimostro non solo che decido ma anche che faccio quel che voglio. Insomma, chi pensava all'ufficio di presidenza come un organo che avrebbe potuto supplire all'assenza di Berlusconi quando il 10 aprile scatteranno i servizi sociali si sbagliava di grosso, perché è chiaro che in un organismo tanto allargato non si prenderanno certo decisioni importanti. L'ex premier, insomma, ha voluto lanciare un segnale, ribadendo la sua volontà di «svecchiare» e «rinnovare» Forza Italia. «Se ne facciano tutti una ragione», si è trovato a ripetere in queste ore ai suoi interlocutori.
Tra Camera e Senato, però, i parlamentari azzurri sono sull'orlo di una crisi di nervi. E anche se Giovanni Toti prova a smussare e parla di «normale dibattito interno» la temperatura continua a salire. Decisamente oltre il livello di guardia se sono a decine quelli che minacciano di andarsene. Alla fine è molto probabile che lo faranno in pochissimi, ma non c'è dubbio che mai come ieri i gruppi parlamentari di Forza Italia siano stati sfilacciati. A votare erano in pochissimi, sia alla Camera sia al Senato. Dove il capogruppo Paolo Romani si è trovato costretto a strigliare i suoi senatori con un sms: «A causa dell'assenza di alcuni colleghi oggi abbiamo perso la straordinaria occasione di bloccare il ddl Delrio». Vediamo cosa succederà oggi a Montecitorio, visto che Renato Brunetta ha inviato una lettera ai deputati chiedendo di intervenire a raffica per fare ostruzionismo sul ddl sul voto di scambio.
Intanto si succedono le riunioni carbonare, negli uffici della Camera ma anche a piazza San Lorenzo in Lucina. C'è chi si prepara a rompere e chi è invece deciso a giocare la partita dentro Forza Italia. Come Raffaele Fitto che ieri si è detto pronto a dimettersi da deputato per correre alle Europee, un modo per rimettere la palla dall'altra parte e che ha trovato Toti possibilista («Potrebbe essere una strada»).
Il Cavaliere, da parte sua, resta a guardare.
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