Che fine Vallanzasca: da pericolo numero uno a ladro di mutande

L'ex re della Comasina che fece impazzire le polizie di mezza Italia bloccato dalle guardie di un supermercato. Che non lo riconoscono

Che fine Vallanzasca: da pericolo numero uno a ladro di mutande

Il passato riacciuffa alle otto di sera un uomo ormai anziano, con i leggendari occhi azzurri divenuti slavati e stanchi. Lo riacciuffa sotto forma di una «gazzella» di carabinieri che, mentre l'afa annuncia il temporale, arriva davanti ad un supermercato di viale Umbria, per il più banale degli interventi: un taccheggio all'Esselunga. E quando i militari chiedono i documenti, si trovano davanti un nome, Renato Vallanzasca, che fa suonare a distesa le campane in tutti gli archivi del crimine italiano. Il suo bottino sono due mutande, una cesoia, un po' di concime. Settanta euro scarsi, dimenticati in una borsa, non pagati.

Doveva essere quello, l'ultimo colpo di Vallanzasca? Davvero il gangster che faceva tremare Milano, che sapeva ammazzare a sangue freddo ma anche sedurre le sue vittime (si dice che una ragazza di buona famiglia, rapita dalla banda del bel Renè, fu portata fin sotto casa, durante il sequestro, e lui le disse: dài, se vuoi andare citofona, sei libera; e lei non suonò, preferendo restare in ostaggio) si è ridotto nel suo solstizio d'autunno a rubare mutande al supermercato? Sarebbe facile, adesso, frugare nella psicologia consueta dei galeotti di lungo corso, e ipotizzare che - consciamente o meno - qualcosa dentro li spinga a tornare lì, dietro quelle sbarre dove hanno passato la più parte della loro vita: e dove sono rispettati e riconosciuti. Fuori, invece, Vallanzasca, non era più nessuno da tanti anni: se ne dovette rendere conto già nell'88, quando evase dall'oblò di un traghetto, e tornò in Comasina, il suo quartiere, convinto di trovare amici e rifugio. Gli dissero che se non smammava in fretta rischiava una brutta fine. Lui smammò, e fu catturato pochi giorni dopo, in Friuli, con una patetica permanente rossiccia.

Basta questo, a spiegare la pulsione che venerdì sera all'Esselunga di viale Umbria spinge il più celebre bandito italiano a infilare due slip in un sacchetto? Lui dice che non è vero niente, che non ha rubato nulla, quello è il sacchetto di un altro, un amico sparito chissà dove. Il giudice non gli crede, convalida il suo fermo. Non furto, ma rapina impropria: colpa di quella frase buttata lì quando lo fermano, «adesso vedrete che nasce un casino», che viene interpretata come una minaccia. Ma che invece per la sua avvocata Deborah Piazza era solo una facile profezia di Renè sul putiferio mediatico che il suo arresto avrebbe scatenato, e che si avvera puntualmente nel giro di una manciata di ore. Che Vallanzasca non abbia urlato nè minacciato, d'altronde, lo confermano anche i vigilantes del supermercato: «Lo abbiamo visto con le telecamere, lo abbiamo avvicinato, lui non ha reagito». Ci ha detto: “Voi non sapete con chi avete a che fare?”». Il classico «lei non sa chi sono io?» «No, niente. Abbiamo capito che non era un vecchietto qualunque solo quando sono arrivati i carabinieri, hanno preso i suoi documenti e abbiamo visto la loro faccia».

Doveva essere un weekend di libertà, per l'ergastolano Vallanzasca, quarantott'ore di permesso a casa della nuova fidanzatina che gli sta accanto da quando la love story con Antonella D'Agostino, donna platinata e vulcanica, dopo aver retto a vent'anni di separazione non è sopravvissuta a pochi mesi di vicinanza. Antonella gli moriva dietro fin dai tempi della Comasina, e solo in tarda età era riuscita a convincerlo all'altare: matrimonio andato a rotoli in fretta, con lei che - forse cavalcando il cognome acquisito - si infila in uno strano traffico di mozzarelle targate 'ndrangheta. Vallanzasca, che su una certa categoria di fanciulle non ha perso il suo fascino, l'ha rimpiazzata in fretta. Nuovo amore, nuova casa, stessa invincibile pulsione a mettersi nei guai.

Così, il weekend romantico finisce in disastro. Dopo la notte in guardina, ieri mattina Vallanzasca viene portato in tribunale, alle direttissime. Il giudice Ilaria Simi conferma l'arresto per rapina impropria, e rinvia il processo al 27 giugno. Quel che è peggio, interviene anche il tribunale di sorveglianza, l'ufficio che concede e revoca i benefici ai condannati, e che dall'ottobre scorso, passati i vent'anni di prigione, aveva concesso a Vallanzasca la semilibertà. Per la legge, il bel Renè continua ad essere un ergastolano, anche se con licenza. E davanti al nuovo reato, il giudice Beatrice Crosti decide che non si può fare altro che sospendere la semilibertà. Entro un mese, la decisione definitiva.

Se gli verrà revocata la semilibertà, per tre anni Vallanzasca non potrà più chiedere niente. Il suo mondo tornerà a essere la galera a tempo pieno. Oggi ha sessantaquattro anni. Le chance per ricominciare iniziano a farsi sottili.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica